IL MICROCREDITO COME ESPRESSIONE DI UN MODELLO ECONOMICO CHE PREVEDE LA SOLIDARIETÀ COME BASE PER LO SVILUPPO

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Il microcredito nasce dalle riflessioni di Muhammad Yunus che osserva l’importanza degli elementi relazionali che stanno alla base nel processo economico inteso nel suo significato etimologico; economia, dal greco “Oikòs Nomos”: la regola della casa. Tale regola della casa ha avuto svariate applicazioni ed ispirazioni nell’andare del tempo d’accordo con il pensiero filosofico imperante e inclusa la rappresentazione mentale dell’uomo e dei rapporti umani. Importanti studiosi come Karl Polany ce ne hanno parlato prendendo in considerazione la vasta quantità di elementi in gioco inclusi quelli connessi alla cultura e ai diversi movimenti storici e politici. Il neoliberismo che guida attualmente il nostro modello economico può essere utilmente considerato all’interno di una riflessione in cui includiamo il significato del conflitto sociale di base e le sue possibili soluzioni. Per questa riflessione possiamo partire da John Nash relativamente alla teoria dei giochi come è noto, parte dalla considerazione che il conflitto sociale di base esiste perché siamo più di uno al mondo. D’accordo con il suo pensiero abbiamo quattro possibilità per risolverlo: “vinco io e perdi tu” oppure “vinci tu e perdo io” in gergo si usa l’espressione inglese “win lose-lose win”.

Si tratta di una situazione in cui l’altro diventa necessariamente il nemico, tanto che la tendenza in questa competizione porta i rivali verso la guerra dove perdono tutti “lose-lose”. Rimane una quarta soluzione possibile: “win-win” in cui il sistema relazionale tende a trovare soluzioni buone per tutti evitando la rivalità paranoica ma valorizzando la solidarietà umana. Questa è la filosofia di base del microcredito e del social business altra innovazione di Muhammad Yunus che prevede una imprenditorialità dedicata alla soluzione dei problemi anziché all’accumulo del profitto (ricchezza), dei beni da parte dei più forti. Stiamo parlando di un mondo totalmente auspicabile per il benessere del genere umano. A questa riflessione possiamo aggiungere la scoperta di Giacomo Rizzolati, neuroscienziato dell’università di Parma, per aver scoperto la presenza dei neuroni specchio nel nostro cervello.

Tale presenza ci porta a valorizzare il bisogno di empatia che gli esseri umani hanno gli uni per gli altri ciò che corrisponde all’esatto contrario del pensiero T. Hobbes che vedeva gli esseri umani nel loro essere “homo homini lupus”. Il contributo di Giacomo Rizzolati ci conduce verso una soluzione del conflitto sociale di base secondo la modalità “win-win” ciò che esprime profondamente il mio pensiero così come quello di tanti altri che vedono nell’umanità la speranza verso un mondo sempre migliore per tutti. Che bello sarebbe! Perché non ci impegniamo in tal senso? Io sarei pronta.

A queste riflessioni aggiungo un esempio di applicazione del microcredito molto particolare che è stata fatta presso il centro di salute mentale di Carpi, in provincia di Modena. Si tratta di un’esperienza che ho voluto riportare dal volume “La Città Ideale” da me scritto e pubblicato da Franco Angeli come esemplificazione di come sia cruciale ed importante sviluppare le risorse di tutti noi esseri umani e questo a favore del benessere di tutti e dei più svantaggiati in particolare. Tutto ciò va d’accordo con il pensiero di Amartya Sen, premio Nobel per l’economia nel 1998, che sostiene l’importanza di attivare il più possibile le risorse umane per il bene dei singoli e della comunità.

Una prospettiva “Win-Win” Microcredito e Welfare. L’Esperienza di Carpi: una applicazione di Economia Circolare

Il sistema di prestiti del microcredito investe sulla creatività dell’individuo, stimolando la persona a sviluppare le sue potenzialità e a creare beni a somma variabile.

Ciò può portare al raggiungimento di obiettivi importanti e trasformare la concretezza del denaro in un senso di valore, di autostima e di orgoglio.

Questi sono fattori che giocano un ruolo importante nell’eziologia di alcuni disturbi mentali caratterizzati proprio da una serie di condizioni psicologiche che impediscono il pieno sviluppo della persona e delle sue potenzialità sul piano intrapsichico, individuale, relazionale e sociale.

Sulla base di queste considerazioni, nel 2007, è stato attivato un programma di microcredito per pazienti psichiatrici presso il Centro di Salute Mentale di Carpi, Modena.

L’esperienza è tuttora in corso e ha prodotto risultati interessanti, coerentemente con quanto ci si aspettava. Citiamo qui due casi che, meglio di tutti, hanno dimostrato in pratica l’efficacia e l’efficienza dell’idea.

L’attività inizia 11 anni orsono con un incontro svolto con un gruppo di pazienti psichiatrici dell’Unità Sanitaria di Carpi, che avevano espresso la disponibilità a partecipare alla sperimentazione.

Si cominciò, dopo la presentazione, con la definizione di un “setting” che metteva insieme aspetti clinici e aspetti di progettualità economica, attraverso incontri settimanali, durante i quali si sarebbe commentata la lettura del primo libro di Yunus, “Il banchiere dei poveri”, immaginando di applicare a se stessi l’esperienza.

Durante la prima parte degli incontri, furono espressi sentimenti di inadeguatezza e di rabbia con riferimento a ricordi infantili spiacevoli e demotivanti verso i loro desideri di intraprendenza.

A poco a poco questi sentimenti si trasformarono, attraverso la comunicazione tipica del gruppo di psicoterapia, nella possibilità di identificarsi con i personaggi del racconto del “Banchiere dei poveri”. Questo lavoro aveva aperto alla speranza, tanto che un giorno il sig. Giovanni (in carico al Servizio di Salute mentale di Carpi, con diagnosi di schizofrenia paranoide) alzò entusiasticamente una mano dicendo che lui sarebbe stato pronto per prendere un microcredito.

Il progetto comprendeva, oltre agli incontri settimanali descritti, un accordo con una banca locale per l’attribuzione dei prestiti.

Il sig. Giovanni si dichiarava pronto a prendere un prestito, “Ma per fare che cosa?” gli chiesero i suoi compagni di gruppo, “Per comprare un motorino per consegnare le pizze”. Il sig. Giovanni, durante tutto questo periodo, aveva elaborato un sentimento di speranza e il desiderio di mettersi alla prova. Con tale desiderio aveva cominciato a immaginare una sua intrapresa lavorativa: era pronto ad attivare le sue “capabilities”. E su questo aveva discusso un’ipotesi di collaborazione con un pizzaiolo, suo amico. Il prestito gli fu attribuito, il denaro che gli veniva dato come compenso per le consegne che faceva, era diventato per lui un riconoscimento, anche se minimo, del valore del suo gesto e delle se possibilità.

All’interno di questo contesto, il lavoro svolto, era stato in grado di trasformare queste piccole monete in valore, seppur minimo, del suo operato; di sé.

Il risultato è stato che, da una valutazione complessiva di efficacia e di efficienza, fatta dopo un anno dall’inizio della sperimentazione, si è visto che, in questo ultimo periodo, il sig. Giovanni aveva avuto meno bisogno di psicofarmaci e di ricoveri, e se, nell’anno precedente, era costato all’AUSL di Carpi 900 euro; nell’anno successivo era costato esattamente la metà. Inoltre, da una valutazione del sistema relazionale esaminato prima e dopo l’esperienza di microcredito, si era potuto vedere un cambiamento notevole relativamente al numero e alla qualità delle relazioni del suo contesto di vita.

Qualcosa di simile, o addirittura di più entusiasmante, è capitato al sig. Luigi, dello stesso gruppo sperimentale, ricoverato per depressione maggiore. Il sig. Luigi aveva il desiderio di imparare a fare delle vetrate artistiche colorate, e aveva ottenuto un prestito a questo scopo.

Era bravo in questo lavoro ed il Comune di Carpi lo aveva anche aiutato offrendogli spazi per le mostre necessarie per fare conoscere le sue opere. In questo modo, a poco a poco, stava restituendo il debito che aveva contratto con la banca, attraverso la vendita delle sue “vetratine”.

Ad un certo punto, però, sorse il problema legato alla difficoltà del sig. Luigi di separarsi dagli oggetti che produceva. A causa della sua psicopatologia, diagnosticata come “depressione maggiore”, infatti, non riusciva più a vendere i suoi prodotti, perché non riusciva a separarsene. Tanto era forte questa sua situazione emotiva che cominciò a fare “vetratine” in tutte le finestre di casa sua, proprio per evitare di doverle vendere.

Nel frattempo, nel gruppo di psicoterapia, che continuava il suo percorso settimanale parallelo, fu elaborato questo suo aspetto emotivo e, a poco a poco, riuscì a riprendere la vendita dei suoi oggetti.

Superato questo ostacolo, il sig. Luigi, incrementò ancor di più la vendita delle sue “vetratine” ed ebbe, da parte della Scuola che aveva frequentato, il riconoscimento di “Maestro di vetratine”. Si può ben capire l’entusiasmo che questo provocò in lui e nei membri del gruppo.

In coincidenza di questi eventi conobbe una signora, con la quale intraprese un percorso affettivo così importante che decisero di andare a vivere insieme, e di sposarsi.

Il sig. Luigi, ormai da alcuni anni, non è più “in carico” al Servizio Psichiatrico della città di Carpi.

Questa sperimentazione è stata monitorata accuratamente, per valutare l’efficacia e l’efficienza dell’intervento di microcredito, in termini di riduzione dei costi dei pazienti a carico del Sistema Sanitario Locale, e per rilevare i vantaggi sul piano del benessere individuale, familiare e sociale dei soggetti coinvolti.

Nel campione utilizzato per la valutazione dell’esperienza, oltre ai pazienti partecipanti al gruppo di microcredito, sono stati inclusi: un gruppo di pazienti collocati in un progetto d’inserimento lavorativo (formazione, borsa lavoro di primo e secondo livello) e un gruppo di pazienti ambulatoriali, trattati secondo le modalità classiche del Servizio di Salute Mentale.

Il gruppo di microcredito ha ottenuto in generale risultati molto incoraggianti in ogni dimensione, rivelando, tuttavia, anche alcune debolezze tipiche di un progetto ancora “in costruzione”. I successi del programma di microcredito, sul piano della riduzione dei costi hanno contribuito a inserire l’intervento nei Piani Sociali di Zona.

Tale iniziativa si configura, dunque, come un buon esempio di integrazione sociosanitaria e indipendentemente dagli sviluppi futuri, pone una questione importante relativamente alla necessità di abbandonare un modello di welfare assistenzialistico che contribuisce a mantenere i soggetti in una condizione di ricettori passivi, orientando gli interventi verso azioni volte a sviluppare le capacità delle persone.

Gli esempi riportati mostrano che esistono spazi per il microcredito anche nelle così dette “economie avanzate occidentali”, come la nostra.

Lavori di ricerca hanno dimostrato che i risultati sono ottimali laddove viene applicato il modello che valorizza gli elementi intangibili e relazionali attraverso il gruppo dei pari.

I risultati positivi raggiunti dai progetti diffusi oggi in diverse aree del pianeta sono riconosciuti a livello internazionale, e ormai il Microcredito occupa un ruolo di rilievo nel processo di sviluppo di diverse nazioni, soprattutto dopo l’impulso che è stato dato al fenomeno da Ban-ki-moon, allora presidente delle Nazioni Unite, che dichiarò il 2005 essere l’ “Anno Internazionale del Microcredito”.

Questo ha incoraggiato la creazione di strutture nazionali dedicate come ad esempio l’ ”Ente Nazionale per il Microcredito” con sede a Roma, in Italia svolge una funzione di sviluppo e di implementazione dell’esperienza.

L’inserimento del microcredito nelle politiche di welfare, nel mondo occidentale, porterebbe molti benefici tangibili e intangibili, proprio perché, attraverso la valorizzazione delle persone, si riducono i costi economici sostenuti attualmente per aiutare le persone bisognose. Si tratta ovviamente di modificare il paradigma assistenzialista in impegno per lo sviluppo delle risorse dei cosiddetti “assistiti”.

Si potrebbe rovesciare il significato della profezia che si auto avvera dove, in questo caso, l’aspettativa è orientata alla ricerca di ciò che di buono e possibile esiste come ad esempio uno scambio umano virtuoso.

Per una Economia Circolare delle Risorse Umane

Credo si possano considerare le esperienze sopra descritte nell’ambito della filosofia dell’economia circolare applicata alle risorse umane.

Cosi come è importante non disperdere le potenzialità che, anche se modificate e ridotte competono ai materiali concreti, nello stesso modo e, anzi, a maggior ragione, diventa molto importante rendere utili e fruibili risorse umane prodotte e “recuperate” da situazioni connotate con la qualità di “scarti”.

L’esclusione sociale, e a volte il sistema di welfare, seguendo una idea pietistica e “caritatevole” tendono ad espropriare in maniera inconsapevole persone le cui risorse, seppur minime, si riducono ancora di più nella misura in cui non vengono valorizzate.

Questo processo tende a minimizzare sempre di più tali risorse fino ad annullarle per sostituirle con una visione a nostro parere distorta della carità. Si tratta di una forma di carità che, presa dall’enfasi della buona azione tende ad espropriare l’assistito delle residue “capabilities” seppur minime.

Questo processo avviene il più delle volte in una forma inconsapevole dove gli attori sono “trascinati” da sentimenti di buona volontà.

Se viceversa riprendiamo in considerazione il pensiero di Amartya Sen che sostiene che la povertà si genera là dove non vengono sviluppate le risorse, e se applichiamo i criteri dell’economia circolare, ecco che risulta ovvio e quasi naturale aiutare le risorse “bisognose” a valorizzare quello che hanno e possono offrire a sé e agli altri, anche se poco.

Un poco che, come si è visto nelle esperienze di microcredito è cresciuto a mano a mano che cresceva la fiducia in sé delle persone coinvolte come frutto dell’esperienza concreta realizzata e della fiducia data comunque per l’impegno.

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