Tre strumenti per un processo innovativo nell’attività imprenditoriale: l’agenda 2030, la microfinanza e i business plan sostenibili

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Lorenzo Semplici ENM - Progetto F.A.S.I.

Abstract
<>Lo sviluppo sostenibile offre opportunità di innovazione, non solo in termini di prodotto, ma anche e soprattutto in termini di processo. Un processo innovativo nell’attività imprenditoriale - ormai imprescindibile e inderogabile -, orientato allo sviluppo sostenibile, deve basarsi sull’interconnessione di tre strumenti/modelli: 1) una prospettiva condivisa di respiro internazionale (gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030); 2) una finanza capace di supportare dal punto di vista dei finanziamenti la transizione allo sviluppo sostenibile (la finanza etica e in particolare la microfinanza); 3) una nuova modalità di costruzione dei business plan in grado di permettere la nascita e/o l’espansione di imprese che siano già sostenibili in termini di prodotti/servizi e/o processi di produzione/erogazione. Il Progetto F.A.S.I. (Formazione Autoimprenditoria e Start-up per Immigrati Regolari), finanziato dal PON Legalità 2014-2020 (Asse 4, azione 4.1.1) e attuato dall’Ente Nazionale per il Microcredito, rappresenta una best practice di coniugazione operativa di tali strumenti/modelli. Keywords: sviluppo sostenibile, innovazione, business plan, microfinanza, SDGs Three tools for an innovative business process: 2030 Agenda, microfinance and sustainable business plan Sustainable development offers opportunities for innovation, not only in terms of product, but also and above all in terms of process. An innovative process in entrepreneurial activity - now essential and mandatory -, oriented towards sustainable development, must be based on the interconnection of three tools/models: 1) a shared perspective of international scope (the Sustainable Development Goals of the Agenda2030); 2) a finance capable of supporting the transition to sustainable development from the point of view of finance (ethical finance and in particular microfinance); 3) a new way of constructing the business plan capable of guaranteeing the birth and/or expansion of companies that are already sustainable in terms of products/services and/or production/supply processes. The F.A.S.I. (Self-Entrepreneurship Training and Start-up for Regular Immigrants), financed by the PON Legality 2014-2020 (Axis 4, action 4.1.1) and implemented by the National Agency for Microcredit, according to a best practice of operational conjugation of these tools/models. Keywords: sustainable development, innovation, business plan, microfinance, SDGs

1. l’agenda2030: un nuovo quadro di innovazione e opportunità per lo sviluppo sostenibile

Il primo elemento per attivare un processo innovativo nell’imprenditorialità è costituito dall’Agenda 2030. Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile1 (Agenda 2030), che si declina in 17 Obiettivi (Sustainable Development Goals – SDGs) – Figura 1 -, articolati in 169 Target da raggiungere entro il 2030. Il programma dell’Agenda 2030 rappresenta un elemento storico, innovando il quadro di riferimento dello sviluppo sostenibile principalmente sotto tre aspetti: - una visione pienamente multidimensionale dello sviluppo sostenibile, non più legata solo ai temi ambientali; - la necessità di un ruolo attivo di promozione, azione e monitoraggio dello sviluppo sostenibile da parte di tutti i Paesi (sviluppati e non). Ciò vuol dire che ogni Paese deve impegnarsi a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile1 che consenta di raggiungere gli SDGs, rendicontando i risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’Onu (approccio top-down); - il coinvolgimento di tutti gli attori economici e sociali, di qualsiasi tipologia giuridica (pubblica, privata, di terzo settore), per l’attivazione di processi di transizione verso lo sviluppo sostenibile che partano dal basso (approccio bottom-up). L’Agenda 2030, quindi, rappresenta il riferimento e lo strumento per la programmazione e la pianificazione delle attività di tutte le istituzioni (pubbliche, private e di terzo settore) internazionali, nazionali e locali per la costruzione di un modello economico orientato allo sviluppo sostenibile, capace di insistere su una nuova inclusione fra cinque aree prioritarie (le 5P): persone, pianeta, prosperità, pace e partnership. La road map tracciata dall’ONU per il raggiungimento dei 17 SDGs prevede i seguenti step, coinvolgendo tutti gli attori del sistema socio-economico: 1 un partenariato globale per l’attuazione dell’Agenda; 2 il recepimento da parte degli Stati membri dell’Agenda, tramite la costruzione di una strategia nazionale di sviluppo sostenibile; 3 l’utilizzo degli SDGs da parte di tutti gli enti pubblici e privati come riferimento per l’elaborazione delle loro linee programmatiche e progettuali; 4 l’utilizzo degli SDGs come schema di riferimento per la valutazione dei progetti socio-economici promossi a qualsiasi livello; 5 l’inserimento degli SDGs nella prospettiva della costruzione di nuovi modelli imprenditoriali (business plan) capaci di attivare percorsi economici di sviluppo sostenibile a livello locale, coniugando sostenibilità e competitività. L’elenco deve essere letto sia in ordine crescente, sia in ordine decrescente. Infatti, nella logica dell’Agenda 2030, è dal basso che si costruisce il cambiamento e per tale ragione appare evidente come debbano essere i cittadini e le imprese (nuove e quelle già costituite) ad agire per prime nella direzione dello sviluppo sostenibile, contribuendo con le proprie attività specifiche, all’attuazione dei piani regionali, nazionali ed internazionali.

2. il microcredito e l’agenda 2030: un rapporto che nasce da lontano

Il secondo elemento per attivare un processo innovativo nell’imprenditorialità, capace di concretizzare l’Agenda 2030, è legato agli strumenti finanziari: imprese orientate agli SDGs devono trovare offerte di credito adeguate per la loro realizzazione. In questa direzione la finanza etica e gli strumenti dell’impact finance (ivi incluso il microcredito) possono rappresentare una soluzione innovativa, capace di armonizzare, nella chiave dello sviluppo sostenibile, il sistema finanziario e l’economia reale. Il ruolo e le attività dell’Ente Nazionale per il Microcredito si inseriscono istituzionalmente e operativamente, a pieno titolo, nella prospettiva dell’Agenda 2030. Sotto il profilo istituzionale l’Ente discende direttamente dal Comitato Nazionale per il Microcredito, nato nel 2005 al fine di dare attuazione alle finalità di cui alla risoluzione ONU 53/197 e 58/221. Attraverso tali risoluzioni, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 2005 “Anno internazionale per il Microcredito” ed ha invitato gli Stati membri a costituire Comitati Nazionali al fine di conseguire gli Obiettivi del Millennio (MDGs). Tali risoluzioni costituiscono un importante messaggio di solidarietà umana ed internazionale che l’Italia ha prontamente accolto costituendo per prima, appunto, il Comitato Nazionale Italiano per il Microcredito. Tale Comitato è stato successivamente trasformato in Comitato Permanente ed infine in Ente Pubblico. Inoltre, ai sensi della Legge 24 dicembre 2007 n. 244, art.2, commi 185-186-187, ha il ruolo di promozione, prosecuzione e sostegno ai programmi di microcredito e microfinanza destinati allo sviluppo economico e sociale del Paese, nonché ai Paesi in via di sviluppo e alle economie in transizione (microfinanza per la cooperazione), in sinergia con il Ministero degli Affari Esteri. A livello internazionale, dal 2015, con l’emanazione dell’Agenda 2030, l’obiettivo del conseguimento degli MDGs è stato sostituito dall’impegno per la realizzazione degli SDGs. A livello nazionale “lo sviluppo economico e sociale del Paese” è stato declinato secondo quanto visto nella SNSvS. Sulla scorta di queste riflessioni appare evidente come il ruolo e le attività dell’ENM debbano essere orientate a questo nuovo quadro di sviluppo sostenibile, ispirandosi esplicitamente agli SDGs e alla SNSvS. Tali considerazioni sono rafforzate dai numerosi riferimenti espliciti che nel testo dell’Agenda 2030 si trovano in relazione al tema della finanza, vista come strumento indispensabile e trasversale per il raggiungimento degli SDGs3 . In particolare, il microcredito, come strumento di finanza etica, non potrà che guardare, sotto il punto di vista operativo, agli obiettivi e ai target che direttamente vengono associati alla finanza e che definiscono la cornice in cui implementare attività imprenditoriali capaci di impattare favorevolmente sul cammino dello sviluppo sostenibile. Ciò significa costruire e/o selezionare business plan che non solo non siano in contrasto con gli SDGs, ma che siano anche orientati alla loro attuazione.

3. business plan e agenda 2030: sviluppo sostenibile, valorizzazione dei territori e competitività

Il terzo elemento per attivare un processo innovativo nell’imprenditorialità è costituito dalla redazione di business plan che prevedano l’emersione del contributo che la nascente attività è in grado di apportare in termini di sviluppo sostenibile. In questa direzione, l’approccio glocale (pensare globalmente e agire localmente) di valorizzazione dei territori diventa un elemento centrale per la competitività delle aziende. Come evidenziato nel paragrafo 1, tutti sono chiamati a impegnarsi nella realizzazione dell’Agenda 2030, ivi incluse le imprese. Recependo questo indirizzo il World Business Council for Sustainable Development (Wbcsd) ha prodotto la “Ceo Guide to the SDGs”, tramite cui utilizzare gli SDGs per implementare soluzioni di business che sappiano rispondere ai bisogni e alle ambizioni imprenditoriali. Il Wbcd individua quattro ragioni, che devono essere integrate a tutti i livelli - individual, company, sector e policy -, per adottare un simile approccio4 : - L’inerzia in campo di sviluppo sostenibile comporta dei rischi (costs of inaction; regulatory risk; market disruption; reduce licence to operate); - Allinearsi agli SDGs permette di catturare opportunità di mercato (new growth markets; SDGs as a policy roadmap; regaining trust); - Gli SDGs permettono di produrre una migliore informazione nella prospettiva di una maggiore trasparenza; - La collaborazione fra privato e pubblico è elemento imprescindibile per realizzare gli SDGs: anche le imprese devono fare la loro parte (sector approach; systemic approach; public-private partnership). Sulla base di queste premesse è stata istituita la SDGs Compass, che fornisce alle aziende indicazioni su come regolare, misurare e gestire le proprie strategie per la realizzazione degli SDGs (https://sdgcompass.org/), prevedendo cinque steps: 1. Understanding SDGs; 2. Defining priorities; 3. Setting goals; 4. Integrating; 5. Reporting & Communicating. Sono stati predisposti anche una serie di Business Tools (https://sdgcompass.org/business-tools/) e di Business Indicators (https://sdgcompass.org/business-indicators/), integrando in un unico sistema gli SDGs e il modello di reportistica GRI (Global Reporting Initiative). In conclusione, l’adozione degli SDGs genererà tre vantaggi per l’impresa che sceglierà di adottarli: - Il rafforzamento della reputazione dell’azienda; - La capacità di costruire nella prospettiva della sostenibilità rapporti trasparenti e fecondi con organizzazioni, governi e società civile; - La capacità di declinare in maniera attuale il vantaggio competitivo insito nella CSR. Inoltre, operare seguendo gli SDGs permetterà alle singole imprese di diventare leader e pioneer nello sviluppo della società contribuendo in particolare a: - Orientare l’attività dei governi; - Implementare i processi di formazione alla sostenibilità; - Migliorare e generare relazioni comunitarie nei territori nei quali si svolge l’attività imprenditoriale; - Canalizzare nelle dinamiche della sostenibilità gli investimenti di sviluppo; - Costruire una nuova cultura di riferimento. Da questi elementi è quindi possibile superare il luogo comune della sostenibilità produttiva come determinante che riduce la capacità competitiva delle imprese. Un ulteriore elemento di analisi che ci permette di comprendere le potenzialità della sostenibilità in chiave di nuova competitività è quello della globalizzazione, in cui tutto avviene in tempo reale e in cui le distanze sono pressoché annullate. Tale elemento pone in luce gli aspetti legati alla reputazione e alla fiducia, entrambi fattori che, soprattutto a seguito della crisi finanziaria, hanno trovato nuovo e crescente spazio nelle valutazioni degli investitori (i fondi etici, le banche etiche e le imprese più all’avanguardia in materia di sostenibilità sono le realtà economiche e finanziarie che negli anni della crisi hanno sofferto in misura minore, espandendo le proprie attività).Tali intuizioni e affermazioni trovano numerose evidenze empiriche. L’Istat, in Italia, con il Rapporto di Competitività 2018, ha certificato la bontà sinergica del legame fra sostenibilità e competitività. Dal rapporto, nella sezione dedicata alla sostenibilità, emerge che il 55,9% delle imprese adotta comportamenti per ridurre l’impatto ambientale, il 48,8% considera importante l’impatto sociale delle attività imprenditoriali, il 45,2% pianifica l’attività aziendale con un orizzonte temporale di medio-lungo periodo per costruire un valore durevole e il 30,2% coinvolge gli stakeholder nel processo di decisione aziendale. Si attestano ben al di sotto del 20% le aziende che adottano processi di economia circolare (13,4%) e di inclusione delle esternalità nella catena del valore (15,7%). Le motivazioni prevalenti per realizzare almeno una delle attività appena richiamate sono principalmente legate a ragioni di reputazione (77,6%) e alla riduzione dei costi (60,4%)5 . Inoltre, sulla base di questi dati, nel report è stato implementato un indicatore di sostenibilità che ne misura l’intensità6 . I risultati riportati permettono di trarre alcune importanti conclusioni: 1 Le imprese altamente sostenibili sono più presenti al Nord rispetto al Centro-Sud, conseguentemente si può sostenere che lì dove c’è maggiore sostenibilità c’è anche maggiore competitività e viceversa; 2 Le imprese altamente sostenibili sono quelle dove è presente una elevata intensità tecnologica, vale a dire che tecnologia (innovazione) e sostenibilità si alimentano vicendevolmente; 3 Le imprese altamente sostenibili sono quelle che registrano anche la produttività maggiore del lavoro. Queste considerazioni descrittive sono state testate con un modello econometrico implementato con metodologia GLM7 , al fine di verificare se effettivamente ad una maggiore sostenibilità corrisponde una maggiore competitività. Tali stime confermano l’esistenza di un “premio di sostenibilità”, in termini di produttività del lavoro: rispetto alle imprese a sostenibilità nulla, quelle altamente sostenibili presentano una produttività superiore del 10,2%. Anche nel Rapporto di Unioncamere sulle “Previsione dei Fabbisogni Occupazionali e Professionali in Italia a Medio Termine (2019-2023)” sono evidenziati dei dati importanti in tema di sviluppo sostenibile, con particolare riferimento all’economia circolare. Secondo quanto riportato (Unioncamere – ANPAL, Sistema Informativo Excelsior, pp.9-10 del documento citato): “Saranno ricercati nel prossimo quinquennio dalle imprese italiane tra 518.000 e 576.000 lavoratori con competenze green per cogliere al meglio le opportunità offerte dall’“economia circolare”. La domanda di competenze green riguarderà, in maniera trasversale, tanto le professioni ad elevata specializzazione che le professioni tecniche, gli impiegati come gli addetti ai servizi commerciali e turistici, gli addetti ai servizi alle persone come gli operai e gli artigiani. L’esperto in gestione dell’energia, il chimico verde, l’esperto di acquisti verdi, l’esperto del marketing ambientale, l’installatore di impianti a basso impatto ambientale, rappresentano alcuni esempi di green jobs che saranno maggiormente richiesti dalle imprese.” Per una rappresentazione puntuale dei dati si veda la Figura 2. Sulla base di quanto emerso in questo paragrafo, sia a livello di quadro normativo, che a livello di strumenti e dati di supporto, si può concludere che esistono ampi spazi di mercato per poter avviare imprese orientate allo sviluppo sostenibile, con all’interno un forte grado di innovazione di prodotto e/o di processo. Tale prospettiva non è solo un’opportunità da cogliere, ma anche una necessità, soprattutto in quelle regioni italiane meno sviluppate che abbisognano di valorizzare le proprie peculiarità economiche in una chiave innovativa, capace di guardare agli scenari globali con un linguaggio ampiamente condiviso – quello degli SDGs.

4. il progetto f.a.s.i. e l’agenda 2030: inclusione e innovazione

Il progetto F.A.S.I. (Formazione, Autoimprenditorialità e Start-Up per Immigrati regolari) – finanziato dal PON Legalità 2014-2020 (Asse 4, azione 4.1.1) e attuato dall’Ente Nazionale per il Microcredito - nasce con l’obiettivo di promuovere la realizzazione di processi formativi rivolti ai migranti regolarmente presenti sul territorio delle Regioni Meno Sviluppate (Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia), finalizzati a favorire lo sviluppo di percorsi di autoimprenditoria e di start-up di impresa per il conseguimento di una piena autonomia occupazionale, al fine rispondere alle esigenze di integrazione socioeconomica. Tale progetto, nelle sue attività specifiche, sposa la nuova filosofia dello sviluppo sostenibile coniugando inclusione e innovazione in un programma dedicato ai soggetti maggiormente svantaggiati (i migranti), concretizzando di fatto la raccomandazione dell’ONU secondo cui “no one left behind”. Per rendere esplicito il collegamento fra le attività del progetto, i piani operativi regionali, la SNSvS e gli SDGs è stata costruita una tabella di raccordo (regione per regione). La Figura 3 rappresenta un esempio di tale lavoro, prendendo in esame, per la regione Calabria, l’attività 1.4 del progetto, riguardante la “definizione dei modelli di business”. Come emerge dalla Figura 3, l’attività progettuale relativa alla realizzazione di 50 proposte di business plan, che a oggi è in fase di attuazione all’interno del progetto F.A.S.I., è per sua genesi allineata con gli SDGs. Inoltre, nello schema generale dei business plan è stata predisposta una sezione esplicitamente dedicata al contributo che l’attività imprenditoriale genererà in termini di sviluppo sostenibile, prevedendo un collegamento ad almeno uno dei 17 SDGs. Grazie a questa impostazione, lo sviluppo sostenibile entrerà direttamente nel dna delle proposte imprenditoriali, a prescindere dalla dimensione, dal settore di attività, dalla forma giuridica scelta e dalla localizzazione

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