STEFANO NANNAVECCHIA
Mi chiamo Stefano Nannavecchia, ho 54 anni, vivo e lavoro in Puglia. Svolgo l’attività di consulente d’impresa in ambito finanziario dal 2000 e assisto le imprese prevalentemente del territorio pugliese nella ricerca di strumenti di finanza agevolata e nella relativa presentazione e attuazione delle domande. Sono diventato Tutor ENM nel 2017, appena ho avuto conoscenza dell’istituzionalizzazione di questa nuova figura, in quanto ho sempre ritenuto necessario per un’impresa, soprattutto nella fase di avvio, essere supportata da una figura professionale in grado di poterla orientare con scelte ponderate nella realizzazione del proprio progetto, con particolare riferimento al corretto utilizzo di risorse finanziarie, sia proprie che prese a prestito.
Come si svolge il suo lavoro di tutor, quali sono gli step che segue e in che modo aiuta i beneficiari a capire il processo di richiesta di microcredito?
Dopo tanti anni di attività i miei contatti, oggi, arrivano prevalentemente attraverso il “passaparola” ovvero tramite referenze fornite dai clienti precedentemente assistiti, ma anche dagli sportelli bancari presso cui ho presentato pratiche. La prima fase è quella dell’ascolto dell’assistito che illustra il proprio progetto; a volte ancora poco strutturato. Successivamente fornisco una panoramica delle possibilità di finanziamento e qualora ci siano le condizioni, di accesso al microcredito, illustro i passi da seguire, la tempistica media di durata dell’istruttoria, gli adempimenti da effettuare, la documentazione da preparare. Questa fase si svolge con un affiancamento pressoché totale con l’assistito in modo da poterlo accompagnare verso il perfezionamento del proprio progetto d’impresa. Da parte mia, questa fase si chiude quando è maturata la consapevolezza che il microcredito possa essere lo strumento più idoneo per quel progetto. A volte, però, bisogna essere determinati e dissuadere il cliente dall’avviare il progetto qualora ritenuto poco convincente o non sostenibile. Tutte le valutazioni e le decisioni avvengono sempre nel totale interesse dell’assistito.
Quali sono i fattori che determinano il successo di un progetto finanziario con il microcredito?
In primis richiedo al proponente una base di esperienze e conoscenze adeguate rispetto all’iniziativa da intraprendere, in quanto l’approssimazione o l’improvvisazione nel campo imprenditoriale, spesso, non ripaga. Io sottolineo sempre al mio assistito che la presa in prestito di denaro attraverso il microcredito deve servire a dare una risposta a un’eventuale criticità che può essere rappresentata da un lavoro precario, dall’assenza di lavoro, ecc. e non a creare ulteriori problemi. Ritengo, pertanto, che occorra una buona dose motivazionale, una visione ben definita degli obiettivi che si vogliono raggiungere, un’adeguata analisi del mercato e, non da ultimo, una parte di risorse finanziarie proprie, perché non si può pensare di fare impresa solo con risorse prese a prestito.
Quali sono i successi più significativi che ha visto nel suo lavoro con i beneficiari del microcredito?
Sicuramente la possibilità per l’assistito di crearsi una propria occupazione, tirandosi fuori da precedenti situazioni di precariato. Mi è capitato anche di seguire donne che, dopo essersi dedicate alla famiglia e ai figli, quando questi sono divenuti ormai grandi, avevano tanta voglia ma difficoltà a reintrodursi nel mondo del lavoro. Grande è stata la soddisfazione quando hanno avviato una propria attività, riuscendo a trovare una propria forma di gratificazione e affermazione personale oltre che lavorativa.
Qual è l’azienda più interessante che ha seguito come tutor? E quale ha avuto più successo?
Posso citare la lavanderia self service che, appunto, impegna ormai a tempo pieno una donna, in una fase della propria vita in cui i figli sono ormai cresciuti. Un ragazzo impegnato come avventizio in agricoltura, che ha rilevato una rivendita di prodotti e attrezzature agricole e, nel giro di un paio di anni, è riuscito a ottenere un mutuo per acquistare la casa per la propria famiglia. Una piccola attività di affittacamere partita da poche camere che, nel giro di due anni, ha ampliato la propria attività acquisendo altre strutture. L’azienda, però, che, a mio avviso, ha avuto maggior successo è stata una parafarmacia avviata da una giovane donna, farmacista precaria per tanti anni, ubicata in un piccolo comune che, nel giro di due anni, ha dovuto spostare la propria sede, in quanto quella inizialmente individuata era diventata molto piccola.
Quali sono le sfide, invece, da affrontare quando si lavora con beneficiari di diverse culture e differenti background?
È molto importante informare ed essere quanto più chiaro possibile dal punto di vista della terminologia tecnica e degli aspetti aziendali e finanziari che, spesso, sono poco comprensibili per i non addetti ai lavori. In questo caso l’impegno diventa ancora maggiore e si traduce in un affiancamento totale che può riguardare le tematiche più diverse circa la conduzione di un’impresa. A volte capita anche di dover spiegare come compilare un assegno, un bonifico o la necessità di aprire e utilizzare conti correnti bancari intestati alla ditta e non quelli personali.
3 parole per definire il tutor?
Ascolto. Competenza. Trasparenza.
C’è un modo (e Lei lo applica) per monitorare e valutare l’impatto sociale ed economico dei prestiti concessi?
Gli incontri obbligatori per il monitoraggio che il tutor effettua negli anni di rimborso del microcredito, rappresentano nello stesso tempo, uno dei momenti in cui poter raccogliere i risultati generati dallo svolgimento dell’impresa e misurarli rispetto al livello di aspettative che l’assistito aveva inizialmente posto. Il microcredito sicuramente genera impatti sotto l’aspetto sociale, in quanto nella maggior parte dei casi, trattandosi di imprese a conduzione singola o familiare con un’operatività di prossimità, generano un indotto economico su quel territorio.
Quali sono i principali settori merceologici per gli investimenti di microcredito?
Dalla mia esperienza, principalmente le imprese di piccole e piccolissime dimensione diffusamente presenti sul territorio. La maggior parte appartiene al settore commerciale, poi c’è quello ristorativo e della somministrazione di alimenti e bevande, quello artigianale.
Che tipo di follow-up viene fatto con i beneficiari dopo che hanno ricevuto il microcredito?
Dopo l’erogazione del microcredito il tutor ha l’obbligo di incontrare almeno una volta l’anno l’assistito per verificare e valutare i risultati aziendali e, laddove vi siano delle criticità, proporre possibili soluzioni per tentare di superarle. Il legame col cliente, tuttavia, resta sempre attivo anche al di là degli obblighi formali previsti.
Come affrontare il tasso di insolvenza o i ritardi nei pagamenti da parte dei beneficiari di microcredito?
Certamente le imprese beneficiarie sono venute fuori da un paio di anni molto difficili che hanno visto ridurre, in alcuni casi pesantemente, l’operatività e i relativi incassi. Non poche sono state le difficoltà che bisognava superare. In alcuni casi si è intervenuti con la sospensione delle rate del mutuo. Per fortuna il tasso di insolvenza, per quanto riguarda le imprese seguite, è piuttosto basso. Sicuramente la figura del tutor e tutto il lavoro di valutazione che viene fatto precedentemente all’erogazione del microcredito, concorrono a meglio ponderare la fattibilità dell’investimento. Questo mette l’imprenditore in una condizione di maggiore responsabilizzazione rispetto al prestito ottenuto e concorre a ridurre il rischio di insolvenza o i ritardi nei pagamenti delle rate. Laddove però si verificano tali criticità, il suggerimento è di rivolgersi immediatamente in banca, in modo da cercare insieme delle soluzioni che, se non gestite per tempo, possono portare a conseguenze pesanti, rappresentate da intimazioni di rientro e possibili segnalazioni negative nel sistema interbancario.
Da tutor esperto, quali suggerimenti o consigli ha per coloro che stanno considerando l’opportunità di richiedere un microcredito?
Il primo consiglio è di confrontarsi con le proprie competenze e conoscenze; definire in modo adeguato la propria idea d’impresa, non prima di aver valutato le condizioni di mercato; ponderare accuratamente le proprie conoscenze dei diversi ambiti gestionali.
Per la sua esperienza, qual è la durata media di un microcredito?
Le imprese da me seguite si attestano su piani di rimborso del microcredito nell’ordine della durata media di 60 mesi.
A suo avviso come il microcredito può contribuire a migliorare la vita delle persone e lo sviluppo economico delle comunità?
Credo che il modello di microcredito dell’Ente Nazionale per il Microcredito sia lo strumento più adatto a supportare progetti per la realizzazione professionale o lavorativa dei richiedenti. Il microcredito serve a stimolare l’attività produttiva e la dignità delle persone, a cui viene concesso credito. Di conseguenza l’effetto economico derivante dal successo di un’impresa finanziata col microcredito viene amplificato a beneficio delle comunità ospitanti.


