GIACOMO MARCHIORI
Mi chiamo Giacomo Marchiori, ho 49 anni e il mio background nasce subito dopo la laurea in Economia e Commercio. Durante il tirocinio di dottore commercialista un mio professore universitario mi segnalò l’opportunità di diventare tutor Invitalia, o meglio di un’agenzia che svolgeva servizi ausiliari in Italia e in Sardegna ai tempi del vecchio prestito d’onore.
Ho così iniziato a collaborare con questa azienda, svolgendo l’attività di tirocinio imparando gli aspetti contabili, ma ho avuto la possibilità anche di gestire delle nuove iniziative partendo, come si confaceva in quel periodo, con dei veri e propri corsi di formazione.
In qualità di tutor ho avuto la possibilità di imparare da subito che cosa volesse dire partire per un’impresa: non tanto la contabilità che imparavo in studio, ma quanto gli adempimenti, quindi procedimenti amministrativi e autorizzativi, i requisiti soggettivi e tutti gli aspetti che poi sono un po’ il cuore anche della creazione d’impresa.
Dopo due anni di questa attività ho continuato nella creazione di impresa, dedicandomi alla finanza agevolata come consulente, aprendo la mia posizione professionale specifica in questo ambito e nell’ambito della formazione di creazione d’impresa.
Tra le attività simili a quella che svolgo come tutor ho avuto anche il piacere di lavorare per tre anni come consulente nell’ambito della gestione del fondo europeo J.E.S.S.I.C.A. per conto della finanziaria regionale sarda che gestiva tutto questo e noi facevamo la parte di istruttoria, analisi economico-finanziaria sulla fattibilità dei progetti, realizzati esclusivamente da Enti pubblici, quindi con un focus non speculativo, ma adattivo al territorio.
Quali sono gli step che segue per aiutare i beneficiari a capire il processo per ottenere il microcredito?
In prima battuta, non appena ricevo una pratica in procedura, contatto i beneficiari, con i quali faccio una prima chiacchierata metodologica per capire effettivamente le varie fasi del processo. Dopodiché, acquisita la documentazione da parte del cliente, inizio un’analisi in maniera totalmente asettica, successivamente faccio degli incontri con l’imprenditore, telefonici o in presenza. Solitamente il futuro imprenditore riceve un business plan e chi arriva al microcredito ha già un certo livello di consapevolezza di cosa lo aspetta: è già passato in banca dove gli hanno dato spiegazioni, quindi deve avere fatto degli adempimenti formali importanti e deve avere un piano di investimenti, per cui è già abbastanza consapevole.
Normalmente cerco di fare un contro business plan e di calcare la mano più sugli aspetti negativi che su quelli positivi, perché io servo per i problemi!
Insieme al cliente cerco poi di fare un’analisi di tutte le sfaccettature e i fabbisogni di risorse umane ed economiche del processo e talvolta induco il beneficiario anche a desistere: ho circa un 15% di persone che non hanno superato il sistema di valutazione dal mio punto di vista e un 10% che invece si inducono in rinuncia perché ovviamente capiscono che è meglio riprogrammare.
Una statistica storica del Sole 24 Ore recita che su 100 imprese che operano e che aprono oggi, entro 5 anni chiudono più del 75% e non sempre chiudono casi di successo perché hanno raggiunto il loro obiettivo, ma maggiormente sono casi di insuccesso.
Ogni insuccesso è una diseconomia, noi siamo qui per creare economia quindi ovviamente dobbiamo farlo con coscienza.
Quali sono secondo Lei invece i fattori che determinano il successo di un progetto?
Mi soffermo in maniera maniacale con i beneficiari nell’ambito dell’analisi dei bisogni: se il tuo prodotto/il tuo servizio soddisfa un bisogno e la percezione della soddisfazione del bisogno avviene anche nella mente dell’imprenditore allora questo è un presupposto di partenza.
Successivamente bisogna capire qual è il mercato all’interno del quale si va a operare e qua gli rappresento la teoria del mercato in concorrenza perfetta, all’interno del quale nel lungo periodo non esisteranno gli utili, ma soltanto la remunerazione di fattori produttivi compresi i costi figurativi. Quindi l’attività di impresa, nel lungo termine, non dovrebbe generare utili, ma equilibrio economico e questo mi piace che l’imprenditore lo percepisca!
Quali sono i successi più significativi che ha visto nel suo lavoro come tutor?
Ho avuto la fortuna di vedere molti casi di successo o che almeno attualmente si dimostrano come tali, ho vari casi veramente interessanti.
È stato anche uno dei primissimi che ho seguito e si tratta di un imprenditore individuale, Fabio Barroi (Owlinklub), che voleva produrre felpe e maglie di lusso con disegni esclusivi creati da tatuatori professionisti, aveva prodotto anche un modello di business di comunicazione veramente interessante e fui entusiasta di portare in banca al direttore questo ragazzo come un caso esemplare di microcredito ministeriale. Oggi Fabio ha concluso il rimborso del finanziamento in modo puntuale.
Altri due casi molto interessanti sono “L’isola che non c’è” della signora Carmen Ghitta, extracomunitaria, che opera a Olbia, che da dipendente della pizzeria ne è divenuta la proprietaria e attualmente fattura 600.000 €.
E poi il signor Vittorio Dessì, commerciante di carni, che ha attivato i suoi punti vendita in due supermercati e attualmente nel conta 7 con un fatturato altissimo.
Tre casi sicuramente emblematici di successo!
Ho poi il caso dell’architetto Andrea Folino che, in ambito comunicazionale, ha seguito le campagne pubblicitarie di Converse, Salmo e che da un punto di vista di notorietà è il cliente più visibile.
Quali sono le sfide che si trova ad affrontare da tutor quotidianamente?
In un mondo complicato come quello dell’impresa le principali sfide sono quelle di cercare di servire i beneficiari, supportarli e a volte dare un contributo che non sempre è apprezzato nel suo contenuto, ma sicuramente lo è nel suo significato. Evidenziare le criticità di un progetto spingendo l’imprenditore a volerci ripensare, non per farlo desistere, ma per poterle superare è un po’ un elemento che si contrappone e che quindi non sempre ti gratifica perché il nostro obiettivo è quello di crescere insieme. La maggior parte capisce, comprende e supera, altri la vivono come un limite e il nostro compito è aiutarli a superare quel limite.
Tre parole per definire il tutor?
Disponibilità, attenzione e rispetto.
Tre parole che vanno declinate in una doppia valenza: Disponibilità nei confronti dei beneficiari, ma anche degli istituti che ci supportano perché chiaramente si deve creare un dialogo; attenzione per non creare difficoltà agli imprenditori, ai clienti venditori né al sistema che li supporta, infine rispetto perché possiamo incontrare dal più grande dei professionisti al più modesto degli imprenditori o dei lavoratori e tutti devono essere trattati esattamente nella stessa maniera, perché tutti facciamo parte di un sistema che, se funziona, funziona per tutti e a tutti i livelli.