CAPITALE SOCIALE

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CAPITALE SOCIALE

IL BENE PIÚ IMPORTANTE DEI POVERI

Luminita Postelnicu, Niels Hermes

Il concetto di ‘capitale sociale’ è stato coniato agli inizi del Ventesimo secolo per spiegare le sinergie della vita in società. Il termine, ha avuto tuttavia scarsa fortuna fino alla fine degli anni ’80, quando i sociologi Pierre Bourdieu e James S. Coleman lo definirono con precisione, comparandolo con altri tipi di capitale, come quello culturale e umano.


Più recentemente, gli economisti hanno iniziato a considerare il capitale sociale nelle loro ricerche sulla crescita economica e la riduzione della povertà. L’OECD (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), ad esempio, ha contribuito alla ricerca sulla relazione fra capitale sociale e capital umano, mentre la Banca Mondiale ha iniziato nel 1996 un programma di ricerca sul capitale sociale quale fattore determinante per lo sviluppo.
Il capitale sociale è una risorsa che deriva dalle relazioni sociali, le quali creano un valore che influenza la produttività dei membri di una rete. Un legame sociale fra due individui incorpora risorse sia di tipo pecuniario che non: quanto poi i due individui consentano l’un l’altro l’utilizzo di queste risorse, dipende dalla loro relazione di fiducia e dalle norme sociali della loro comunità. La scarsità di risorse amplifica il bisogno degli individui di condividere e fare un uso razionale delle risorse, mentre la fiducia e le norme sociali generano e rafforzano gli scambi.
La reciprocità e la cooperazione fra individui hanno portato allo sviluppo di una serie di strumenti informali di assicurazione dal rischio, che vengono impiegati dalla gente di ogni dove per affrontare choc imprevisti. Questi strumenti aiutano gli individui poveri a sopravvivere e salvano dalla povertà coloro che poveri non sono. Accanto agli strumenti formali per fronteggiare i rischi, come il sistema di sicurezza sociale, sussistono anche alcuni strumenti informali, costituiti da accordi informali fra membri di una rete sociale che condividono risorse e si aiutano in caso di bisogno. Ora, poiché in molte economie in via di sviluppo gli strumenti di assicurazione formali sono praticamente assenti o indisponibili per i poveri, costoro fanno leva sul capitale sociale per porre in essere strumenti di gestione del rischio informali.
Gran parte di questi strumenti di gestione del rischio informali sono ereditati alla nascita e sono formati dalle risorse incorporate nei legami entro la propria comunità. In seguito, gli accordi di assicurazione contro i rischi possono svilupparsi e modellarsi in vario modo; la loro efficacia dipende, fra l’altro, sulle caratteristiche della comunità, come il numero dei suoi membri, il loro accesso alle risorse, le norme sociali, la posizione sociale della propria famiglia (nel caso di società socialmente stratificate), ecc.
Le persone meno abbienti non solo hanno risorse limitate ma sono anche più esposte agli choc, quali un raccolto andato male, problemi di salute, la morte di un membro famigliare e così via: tutto ciò influenza negativamente la prospettiva di superare lo stato di povertà. Nella maggior parte dei casi, la mancanza di accesso a qualsiasi tipo di assicurazione spinge queste persone ad affidarsi esclusivamente al proprio capitale sociale per far fronte a tali choc. Ne consegue che gran parte delle azioni della gente povera è basato sul loro capitale sociale e comporta strategie in grado di rafforzarlo e aumentarlo.
Oltre a funzionare in qualità di accordo assicurativo informale, il capitale sociale permette ai poveri di attrarre risorse dalle loro reti sociali per fare investimenti che altrimenti non sarebbero possibili. Questi investimenti hanno per oggetto l’avviamento di piccole attività che generano reddito (quali il piccolo commercio), oppure semplicemente l’acquisto di un elettrodomestico che migliora la vita della famiglia. Questi investimenti finanziati dalla propria rete sociale possono fare la differenza fra la mera sussistenza e l’uscita dallo stato di povertà. Un metodo classico utilizzato dalle persone povere per attirare risorse dal proprio network è la cd. ‘cassa peota’, altrimenti nota internazionalmente come ‘ROSCA’ (Rotating Savings and Credit Associations, associazioni di credito e risparmio ‘rotativi’). Le ROSCA sono gruppi di individui che si accordano di riunirsi con cadenza regolare per un determinato periodo di tempo al fine di risparmiare o prestare in comunità. Ogni individuo contribuisce per un ammontare fisso ad ogni incontro e l’ammontare totale è consegnato ad un membro del gruppo sulla base di uno schema a rotazione stabilito in anticipo. La ROSCA è un metodo largamente praticato dai poveri nel mondo, ed è conosciuto per esempio con i nomi di tandas in America Latina, susu o tontine in Africa e hui in Vietnam.
Per i poveri, il capitale sociale può anche funzionare da collegamento con il settore formale, dal quale sarebbero altrimenti esclusi. Le istituzioni di microfinanza elargiscono agli imprenditori poveri un prestito avvallato da una garanzia attraverso la metodologia del prestito di gruppo con responsabilità condivisa. Questo permette a individui con scarsi mezzi l’accesso a fonti esterne di finanziamento, in virtù del fatto che i gruppi di prestito si garantiscono vicendevolmente il rimborso dei prestiti. Questo metodo rende possibile il prestito formale ai poveri perché risolve il problema delle asimmetrie di informazione fra le istituzioni di microfinanza e i loro clienti, incentivandoli a utilizzare i loro legami sociali per concedere, monitorare ed escutere il rimborso del prestito.
Un individuo può usare il capitale sociale per ottenere risorse dal proprio network, o, in alternativa, può farne uso come garanzia. In entrambi i casi, si viene a creare un sentimento di debito nei confronti della rete, che alimenta le aspettative dei membri sul comportamento dell’individuo. Ambedue le conseguenze dipendono dalla precipua capacità di monitoraggio e pressione che i membri della rete sociale esercitano quando il ruolo di investitore o garante si concretizza. Una conseguenza positiva per l’individuo è la pressione che la rete esercita per evitare comportamenti di spesa stravaganti; inoltre, essendo la rete un elemento portante per il successo dell’individuo, essa è incentivata a facilitare il trasferimento di informazione utile (per es. raccomandazioni a potenziali clienti, consigli negli affari, ecc.) nonché provvedere con un aiuto supplementare in caso di bisogno, come il volontariato, la cura della casa e dei bambini in caso di emergenze, ecc.
Per quanto riguarda le conseguenze negative del monitoraggio e della pressione da parte dei membri della rete sociale, l’individuo può diventare oggetto di pressioni estreme in caso di mancata soddisfazione delle aspettative dei membri della rete; ciò può causare all’individuo elevati costi sociali in caso di perdita della reputazione nella sua comunità, potendo i membri decidere di interrompere o ridurre l’accesso alle risorse che normalmente avrebbe a disposizione. A seconda delle norme sociali locali, queste conseguenze negative sulla reputazione possono portare alla marginalizzazione e finanche all’esclusione degli individui dalla comunità.
Al fine di evitare queste conseguenze negative nel prestito di gruppo microfinanziario, si sta cercando in tutto il mondo di migliorare la regolamentazione dell’attività di microcredito. In questi ultimi anni, in vari Paesi sono state instaurate delle autorità di regolamentazione e il modo in cui il capitale sociale viene usato nel prestito di gruppo è stato ripensato in varie istituzioni di microfinanza (v. per es. il nuovo modello di prestito ‘Grameen II’). L’educazione e l’addestramento all’attività imprenditoriale rendono più efficiente l’uso del capitale sociale da parte delle persone povere. Si sono riscontrati altresì benefici collaterali legati al collegamento fra educazione e capitale sociale, che hanno portato ad una riduzione della povertà.
In conclusione, il capitale sociale riveste molta importanza per i poveri, permettendo loro di affrontare gli choc e avere accesso a risorse finanziarie supplementari. Assieme all’educazione e all’accesso a fonti esterne di finanziamento, il capitale sociale può aiutare i poveri a migliorare la loro esistenza nel lungo periodo.


Social Capital: The Poor’s Most Important Capital?
Poor individuals are usually more exposed to external shocks. At the same time, they lack access to resources that help them coping with these shocks. Social capital allows them to cope with shocks, as well as to get access to additional (financial) resources.
A classic method used by poor people for pulling resources from one’s network is the so-called Rotating Savings and Credit Associations (ROSCAs).
Social capital may also link poor people to the formal sector, from which they are otherwise mostly excluded. Microfinance institutions grant loans backed by social collateral to poor entrepreneurs through the methodology of group lending with joint liability.
The positive consequences for the individual relate to the pressure of the network to avoid counterproductive or unnecessary spending behaviours. Moreover, by being a stakeholder in the individual’s success, the social network is incentivised to facilitate the transfer of useful information (such as recommending potential clients, business-related advice, etc.) and to provide additional support to the individual in case of need. Regarding the negative consequences of the monitoring and enforcement by the social network, the individual may become subject to extreme social pressure in case of failure to meet the expectations of the network members.
To avoid these negative consequences in microfinance group lending, better regulation of microcredit activity are currently being developed around the world.

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Note

Luminita Postelnicu - Université Libre de Bruxelles (ULB), SBS-EM, CEB e CERMi, email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Niels Hermes - Università di Groninga e Université Libre de Bruxelles (ULB), CERMi, email: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Traduzione e adattamento a cura di Stefano Battaggia - consulente in affari europei

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