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TUTOR COME "EDUCATORE FINANZIARIO" : LA CONOSCENZA E' POTERE

Gianluigi Ambrosio

Consigliere di Amministrazione ENM

dell’avvento della crisi finanziaria ed economica del 2008. La Comunicazione sull’Educazione finanziaria, del dicembre 2007, definisce il ruolo che a parere della Commissione questo tema deve avere nello sviluppo e nel consolidamento del mercato interno e, al contempo, ne ribadisce l’importanza per l’insieme dei cittadini (consumatori), per la società e per un’economia più equa, solidale e sostenibile nell’Unione. In aggiunta alla Comunicazione del 2007, la Commissione Europea pubblicò otto principi (per i programmi di educazione finanziaria) e quattro iniziative concrete, destinati a giovani e adulti e diede l’incarico a un Gruppo di esperti sull’educazione finanziaria (EGFE) di realizzare una ricognizione delle attività di alfabetizzazione finanziaria realizzate nell’Unione al fine di sviluppare una strategia comune (agosto 2008). Per economicità e per favorire la sinergia tra il lavoro della Commissione Europea e quello dell’OCSE - che da tempo si occupava del tema il lavoro dell’EGFE è confluito nella Rete Internazionale per l’Educazione Finanziaria (INFE) istituita nel 2003 con l’intento di favorire lo scambio di buone prassi e delle lezioni apprese tra i Paesi aderenti all’organizzazione internazionale. Da ultimo, sia il Consiglio eEuropeo che il Parlamento hanno incoraggiato gli Stati membri ad accrescere il proprio impegno nella diffusione dell’educazione finanziaria sul territorio dell’Unione. Il Parlamento Europeo, nel rapporto sulla nuova agenda per una politica del consumatore europeo (2012/2133(INI)) - adottata l’11 giugno 2013 -, ha espressamente dichiarato che l’istruzione (compresa l’educazione finanziaria) e la responsabilizzazione dei consumatori devono essere garantiti nell’arco di tutta la vita, a partire dagli anni scolastici. Anche la direttiva sulla comparabilità dei costi dei conti correnti bancari, dei trasferimenti di conto e dell’accesso ai conti bancari (2013/0139(COD)) evidenzia come sia necessario che i Paesi europei rafforzino i programmi di alfabetizzazione finanziaria, a partire dalla scuola, anche al fine di minimizzare i rischi per i consumatori e di contrastare il sovraindebitamento. Secondo il rapporto sull’andamento dei consumi nel 2014, realizzato dall’Autorità Bancaria Europea (EBA), l’alfabetizzazione finanziaria rappresenta, da un lato, uno dei principali driver dello sviluppo economico dell’Unione e, dall’altro lato, uno dei maggiori problemi. L’EBA è stata pertanto autorizzata a rivedere e coordinare i piani di alfabetizzazione finanziaria e le iniziative educative implementate dalle autorità nazionali. Tale incarico include la valutazione dell’impegno dei produttori di prodotti finanziari nel considerare tra le variabili essenziali nello sviluppo e vendita di tali prodotti, anche la capacità (maturità) finanziaria dei consumatori. L’alfabetizzazione finanziaria è un tema centrale nella complessità dell’attuale mercato finanziario. L’OCSE definisce l’educazione finanziaria come “il processo attraverso il quale i consumatori e gli investitori migliorano la comprensione dei concetti e le competenze necessarie ad acquisire una maggiore consapevolezza dei rischi e delle opportunità finanziarie, al fine di compiere scelte informate, di sapere dove rivolgersi per aiuto e di intraprendere altre azioni concrete per migliorare il grado di benessere e di protezione finanziaria”. Padroneggiare i concetti legati all’economia e alla finanza dovrebbe, quindi, diventare una delle numerose opere, indispensabili e mai definitivamente completate, della sfida quotidiana per migliorarsi. Ma l’argomento è percepito tra i più ostici, tecnicamente complesso e con un linguaggio a volte incomprensibile. Nel prendersi cura del denaro,

la differenza tra il successo e il rimanere passivamente in balìa degli eventi la fa la consapevolezza che il primo problema è la competenza e quindi la responsabilità personale degli investitori e dei risparmiatori, che hanno tutto l’interesse ad acquisire informazioni e ad interpretarle bene per cercare di minimizzare gli errori. Va da sé che la definizione di “educazione finanziaria” ricomprende anche l’educazione al risparmio e alle scelte economiche, perché l’economia è la scienza che aiuta a decidere come allocare risorse scarse tra obiettivi che sono in competizione tra di loro. Quindi, sia quando si tratta di investire risorse finanziarie dato un certo patrimonio, sia quando si tratta di decidere se consumare oggi o risparmiare, i problemi sono simili: risorse limitate a fronte di desideri e obiettivi da raggiungere. Capire meglio quali sono i meccanismi che regolano l’economia, quali sono gli strumenti disponibili, come gestire l’indebitamento sono tutti concetti che rientrano a pieno titolo nell’educazione finanziaria. Il problema del gap delle competenze economiche degli italiani è un problema che nessun soggetto pubblico o privato può affrontare da solo: va da sé che è quindi indispensabile un’azione sinergica tra tutti gli enti impegnati nella diffusione dell’educazione finanziaria, affinché le energie profuse in questo ambito possano essere incanalate in una direzione unitaria e alimentare un processo sistematico e continuativo. Anche in tema di microcredito emerge la stretta correlazione con l’educazione finanziaria, in particolare quando il primo è finalizzato al sostegno delle fasce di popolazione più deboli e al superamento di situazioni di povertà ed emarginazione. Tra gli effetti più gravi della “financial illiteracy”, infatti, si possono sicuramente annoverare le degenerazioni del credito al consumo in forme di sovraindebitamento, spesso frutto di errori comportamentali e di inconsapevolezza in un periodo di forte recessione economica e di difficoltà sociale. Questa situazione porta a identificare alcuni obiettivi comuni che possono caratterizzare la strategia di sensibilizzazione e di educazione finanziaria attorno al tema del microcredito: la prevenzione di situazioni che possano portare all’impoverimento attraverso strumenti quali la gestione del budget famigliare; l’aumento dell’inclusione finanziaria e sociale attraverso campagne informative sugli strumenti di gestione del denaro e la conoscenza delle caratteristiche dei diversi intermediari finanziari; la prevenzione di fenomeni di sovra-indebitamento e di usura attraverso la diffusione della cultura della legalità. Il sistema bancario italiano è particolarmente impegnato nella diffusione dell’educazione finanziaria sul territorio ed in particolare nelle scuole: in questa prospettiva ha investito molte risorse, dando vita, poco più di un anno fa, alla Fondazione per l’Educazione Finanziaria e al Risparmio il cui obiettivo statutario è proprio quello di promuovere la diffusione di una nuova cultura di cittadinanza economica. Uno dei maggiori ostacoli alla diffusione della cultura economica in Italia è, infatti, la parcellizzazione delle iniziative, la mancanza di sistematicità e di progettualità, che deriva dalla carenza di obiettivi condivisi. La missione della Fondazione si basa proprio sulla condivisione e la sinergia, proponendosi come un centro di aggregazione tra i soggetti pubblici e privati attivi in questo ambito. Per questo, negli anni, ha rafforzato la sua politica di alleanze, sia a livello centrale con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, sia sul territorio, siglando protocolli di collaborazione con le Regioni, gli Uffici Scolastici Regionali e territoriali. Ma è un buon inizio, perché così come l’educazione finanziaria si è fatta strada nella cultura generale dei giovani, incanalata in una scuola sempre più aperta alla collaborazione con il sistema produttivo, lo stesso percorso di alfabetizzazione finanziaria deve essere portato avanti con gli adulti, per garantire un adeguato livello di benessere sociale ed economico sia ai singoli cittadini che a livello di sistema Paese.

L’EDUCAZIONE FINANZIARIA NEL NOSTRO PAESE È STATA STORICAMENTE MOLTO LIMITATA.

L’interesse ad approfondire non c’era. In fondo, la necessità principale è sempre stata quella di finanziare il debito pubblico e, così facendo, di avere le risorse per alimentare la spesa pubblica. E per questo, anche attraverso un forte coinvolgimento del sistema bancario, le nostre abitudini sono sempre state orientate a valutare gli investimenti in titoli di stato: questo non ci ha abituati a una maggiore profondità della nostra cultura finanziaria. La stessa attenzione all’uso delle risorse pubbliche, in fasi prolungate di fiducia da parte dei mercati finanziari, ha portato la nostra pubblica amministrazione a spendere più di quanto fossimo in grado di poter fare. Le necessità oggi si stanno strutturalmente modificando e il tema della cultura finanziaria e, in generale, della cittadinanza economica si pone come un punto importante nel percorso di crescita delle nuove generazioni. Purtroppo negli ultimi anni si è fatto molto poco su questo. Può dirsi che i giovani oggi non sono sufficientemente preparati rispetto alla gestione del denaro perché solitamente ne hanno sempre a disposizione una cifra tale da non obbligarli ad effettuare scelte alternative sulla destinazione delle risorse. Inoltre, il fatto che per ragioni di carattere normativo il lavoro giovanile, anche per periodi limitati di tempo, sia scarsamente incentivato, non aiuta i ragazzi a fare esperienza dello sforzo di guadagnare il denaro e della soddisfazione che si prova. Gli strumenti per la gestione del denaro sono importanti ed esistono, ma è prioritario fornire loro i criteri per una corretta gestione dello stesso, cosa che in primis dovrebbe spettare alla famiglia. È da vedere molto positivamente tutto ciò che può rendere ‘istituzionali’ dei percorsi di sensibilizzazione, di informazione, di formazione sui temi della cittadinanza economica. L’educazione civica, oggi, ha bisogno di maggiore profondità e deve assolutamente incorporare temi economici, finanziari e fiscali. Allo stesso modo, dovrebbero essere valorizzate e incentivate iniziative private che possano favorire lo sviluppo di programmi da integrare con i percorsi più tradizionali. Deve essere molto chiaro che finanza ed economia hanno anche una base valoriale forte. Non è quindi solo un tema di formazione tecnica. È per questo che parlare alle nuove generazioni di questi temi comporta che siano chiari i messaggi da trasferire. Del resto la finanza non ha generato fasi di crisi profonda per ragioni tecniche soltanto, ma anche per ragioni etiche.

Il progetto del Microcredito prevede la figura del TUTOR una sorta di educatore finanziario che accompagna le persone che fanno richiesta di microcredito nel gestire le difficoltà che possono sopraggiungere. Il tutor inoltre, cerca di educare le persone alla legalità e all’uso responsabile del denaro, consigliando comportamenti ordinati che evitino sprechi.

Il tutoraggio è elemento essenziale nel microcredito. La normativa lo prevede in quanto un “BUON TUTOR” di fatto abbassa considerevolmente il rischio di credito sull’operazione finanziata.

L’Operatore di Microcredito deve, in base alla suddetta normativa, erogare perlomeno due dei servizi di assistenza e monitoraggio così come indicato agli art. 3, comma 1 e art. 5, comma 5 del decreto M.E.F. che regolamenta il Microcredito, indicati nella tabella seguente:

  • supporto alla definizione della strategia di sviluppo del progetto finanziato e all’analisi di soluzioni per il miglioramento dello svolgimento dell’attività;
  • formazione sulle tecniche di amministrazione dell’impresa, sotto il profilo della gestione contabile, della gestione finanziaria, della gestione del personale;
  • formazione sull’uso delle tecnologie più avanzate per innalzare la produttività dell’attività;
  • supporto alla definizione dei prezzi e delle strategie di vendita, con l’effettuazione di studi di mercato;
  • supporto per la soluzione di problemi legali, fiscali e amministrativi e informazioni circa i relativi servizi disponibili sul mercato;
  • con riferimento al finanziamento concesso per le finalità indicate all’articolo 2, comma 1, lettera d) , supporto alla definizione del percorso di inserimento nel mercato del lavoro;
  • supporto all’individuazione e diagnosi di eventuali criticità dell’implementazione del progetto finanziato;
  • per il micro-credito “sociale” assistenza e informazione sulla gestione dei flussi di cassa famigliari e alla gestione del bilancio di famiglia.
  • IL TUTOR È L’ORIGINATORE DELLA PRATICA, anche tramite la sua struttura sul territorio. Il cliente, eventualmente indirizzato dall’operatore anche attraverso idonei strumenti di comunicazione, o come risultato dell’attività di promozione svolta dal tutor stesso, si rivolge al Tutor per l’apertura della pratica. Nel colloquio iniziale saranno valutate la situazione complessiva all’origine della richiesta di finanziamento e le esigenze del richiedente riguardo all’assistenza da parte del Tutor. Saranno considerate le carenze più evidenti rispetto ai servizi da offrire al richiedente e le priorità su cui l’attività di assistenza e supporto da parte del Tutor dovrà concentrarsi.
  • Durante la fase di richiesta e di approvazione del finanziamento sarà attivato un confronto TUTOR Richiedente finanziamento, che si concretizzerà in incontri di analisi ed approfondimento. Il TUTOR in ogni pratica specificherà nel dettaglio, rispetto ai servizi contrattualizzati, come gli stessi sono stati erogati producendo idonea documentazione a supporto.
  • Fase post contrattuale o di monitoraggio. Il monitoraggio è un’attività essenziale connessa all’erogazione dei servizi di Microcredito. Il mancato o inadeguato svolgimento dell’attività di monitoraggio può comportare gravi conseguenze per l’operatore. Il Tutor è tenuto a una attività di monitoraggio dell’andamento dell’attività finanziata per tutto il tempo di durata del finanziamento e a tal fine dovrà compilare una relazione con frequenza almeno annuale per ogni finanziamento erogato. Tale attività deve essere svolta con le stesse modalità e la stessa cura dell’attività svolta in fase di documentazione e approvazione iniziale. Particolare attenzione dovrà essere osservata nel cogliere segnali indicativi di difficoltà dell’azienda finanziata e che possano mettere in pericolo il prosieguo dell’attività aziendale e conseguentemente la restituzione del prestito.

Evidente, dunque, come la figura del Tutor, in ogni ambito ma a maggior ragione in quello del Microcredito, debba necessariamente essere formata sulla base di una cultura finanziaria fondante e costantemente aggiornata ai sistemi economici che regolano la società. Nell’ambito dei migranti, ad esempio, esiste un progetto europeo M.I.C.R.O. che ha come obiettivo di creare una figura professionale con competenze su come avviare un’attività imprenditoriale e accedere ai finanziamenti di Microcredito. Il corso è stato sviluppato per accrescere le competenze degli operatori che lavorano a vario titolo con i migranti, per acquisire le seguenti competenze: essere informato sulle differenze culturali e sugli aspetti religiosi che possono rappresentare un ostacolo per i migranti al contesto imprenditoriale , essere a conoscenza delle risorse finanziarie necessarie ad avviare un’attività, essere in grado scrivere e valutare un business model e, infine, di informare i migranti sul sistema del microcredito e sui servizi ausiliari. L’approfondimento, la regolare informazione ed adeguamento della preparazione del Tutor al Sapere finanziario e sociale, è presupposto indispensabile per il raggiungimento dell’obiettivo.

In chiusura dunque, potremmo dire, come affermato anche dal filosofo e giurista inglese Francis Bacon: “Sapere è Potere”. La conoscenza ci conferisce la capacità (e quindi il potere) di capire, gestire e anticipare fenomeni complessi (nella sfera che ci interessa, finanziari) che, altrimenti, rischierebbero di mettere in difficoltà le nostre vite. Ciò avviene, in particolare, quando si tratta di gestire le nostre finanze.

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