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Ainhoa Agullo’ Fernandez
Esperta Diritto Internazionale E Umanitario

Sommario

  1. Gli stranieri in Italia: i dati.
  2. Le rimesse in Italia: i dati.

2.1. Le rimesse degli stranieri in Italia.

2.2. Le rimesse degli italiani all’estero.

  1. Le tasse sulle rimesse: l’evoluzione negli ultimissimi anni.
  2. Rimesse, fondi di garanzia e microcredito: la necessità di aprire un dibattito tra tutti gli interessati.
  3. Gli stranieri in Italia: i dati.

Su un totale stimato di quasi 6 milioni, sono poco più di cinque milioni gli stranieri regolari residenti in Italia, al 1° gennaio di quest’anno, secondo gli ultimi dati ISTAT1: quasi 2,5 milioni provengono dall’Europa, poco più di un milione dall’Africa, una cifra equivalente viene dall’Asia e circa 360 mila sono gli stranieri provenienti dall’intero continente americano (di cui la maggior parte dall’America centro-meridionale). Di questi 5 milioni, la ripartizione tra entrambi i sessi e abbastanza equa, con una leggera prevalenza di rappresentatività femminile (2,6 milioni di donne rispetto ai 2,4 di uomini). Per quanto attiene alla loro distribuzione geografica all’interno del territorio nazionale, gli stranieri si trovano, quasi per metà, nel nord Italia, mentre il resto si distribuisce tra Sud, Centro e isole.

È interessante rilevare che in riferimento al tasso di occupazione, soltanto la metà degli stranieri è rappresentata da lavoratori dipendenti (a tempo determinato e indeterminato). Sempre secondo le ultime stime ISTAT, il loro tasso globale di occupazione non raggiunge il 60%, con un importante divario tra entrambi i sessi (72,1% M / 43,8% F). Il tasso di disoccupazione si aggira intorno ad un 15% (12,7% M / 17% F), mentre quello di inattività arriva al 33,3% (47,2% F / 17,5% M)2.

Pare ovvio che un divario così importante tra entrambi i sessi, dal punto di vista occupazionale, lasci sottintendere un utilizzo, per nulla residuale, di lavoratori irregolari. Questo dato sembra confermato dal fatto che, nell’anno 2020, il cosiddetto Decreto Rilancio3 ha avviato di fatto una sanatoria del lavoro irregolare, finalizzata a favorire l’emersione dello stesso, soprattutto nei settori più martoriati dalla suddetta irregolarità: braccianti agricoli, collaboratrici familiari e badanti. La misura è stata accolta, rispettando le previsioni fatte dalla Ragioneria dello Stato: le domande sono state circa 210 mila, la maggior parte delle quali hanno riguardato il settore domestico e di assistenza alle persone (lavori prettamente femminili). Questa cifra (210 mila) rappresenta quasi un 70% della platea di lavoratori irregolari extracomunitari in Italia (si stima che essi siano quasi mezzo milione di persone)4,5.

  1. Le rimesse in Italia: i dati.

2.1. Le rimesse degli stranieri in Italia.

Le cifre che riguardano il numero di stranieri presenti nel nostro Paese e i loro tassi di occupazione sono fondamentali per capire sino in fondo il fenomeno delle rimesse. Esse costituiscono i risparmi dei lavoratori stranieri, che si trasformano in apporti finanziari per le famiglie di origine, e sono attualmente fonte primaria di crescita per le economie locali degli Stati del Sud del mondo che le stanno ricevendo. Da un punto di vista macroeconomico, secondo i tecnici, le rimesse rafforzano la bilancia dei pagamenti degli Stati ricettori, riducendo il loro debito nei confronti dei Paesi più ricchi.

Per quanto riguarda l’Italia – come d’altronde capita nei Paesi considerati sviluppati – le rimesse in uscita superano quelle in entrata: nella fattispecie, esse sono dieci volte superiori. Ci si trova di fronte a un saldo negativo di circa 5 miliardi di euro all’anno, con un trend abbastanza costante dall’anno 2010 a oggi. Ciò fa riferimento ai dati ufficiali sulle rimesse (quelle “tracciate”, per intenderci), non tenendo in considerazione quelle che sono informali (per esempio, le rimesse portate dall’espatriato che torna a casa, in visita ai parenti). Queste ultime, secondo le stime, si quantificano tra un 10 e un 30% del totale6.

Secondo le stime della Banca d’Italia, il valore medio della rimessa del lavoratore straniero in Italia tra il 2013 ed il 2017 si aggirava intorno ai 1000 euro annui, dato che si era mantenuto abbastanza stabile in quel quinquennio. Nel 2018 le rimesse pro capite sono aumentate: si è provveduto ad avviare una modifica regolamentare per quanto riguarda l’obbligo di segnalazione a nuove categorie di operatori di “money transfer” (che, fino a quel momento, aderivano solo in parte alla segnalazione dei flussi su base volontaria). Bisogna tener presente che alcuni tra gli intermediari inclusi dal 2018 sono specializzati in rimesse verso Bangladesh, Pakistan e Filippine, Paesi che, messi insieme, rappresentano poco meno della metà dei cittadini stranieri, residenti in Italia, dell’intero continente asiatico (e oltre l’8% del totale degli stessi). L’inclusione di queste nuove categorie di operatori ha portato, già nel 2018, a un incremento di 390 milioni di euro di rimesse (quasi un 8% in più della cifra totale di rimesse ufficiali).

2.2. Le rimesse degli italiani all’estero.

Per quanto riguarda gli italiani residenti all’estero7, la Banca d’Italia stima che le rimesse pro capite in entrata (cioè quelle rimesse che gli italiani inviano in Italia) siano di poco inferiore ai mille euro annui pro capite. I dati sono sicuramente valutati per eccesso (partendo da una sottostima del numero degli italiani all’estero), ma è sicuramente molto più vicino al valore reale delle rimesse in uscita. Le rimesse in entrata, in media negli ultimi anni, sono 10 volte inferiori a quelle in uscita (0,5 miliardi nel 2019 di fronte ai 6,1 miliardi in uscita) arrivando perciò, complessivamente, a un totale di movimentazione di rimesse “ufficiali” di circa 6,6 miliardi di euro annui8.

  1. Le tasse sulle rimesse: l’evoluzione negli ultimissimi anni.

Il D.L. 23 ottobre 2018 n. 119 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria)9, prevedeva, nell’articolo 25 novies, un’imposta dell’1,5% da applicare ai trasferimenti di denaro effettuati tramite Money Transfer Operators, per importi superiori ai 10 euro, diretti verso Paesi extra europei. Questa tassa è stata successivamente dichiarata discriminatoria dall’Antitrust - in quanto applicabile esclusivamente ai Money Transfer e non a Poste o banche - che ha chiesto l’intervento del Governo in merito. Si consideri, inoltre, che questa tassa (sul risparmio, alla fine dei conti) presupponeva una disparità di trattamento tra italiani (tranne quelli che inviavano rimesse all’estero, ma ovviamente i numeri sono molto meno rilevanti) e stranieri residenti in Italia: nella manovra del 2020, la tassa è stata eliminata.

Le ricadute della tassa sull’economia italiana erano abbastanza scarse (100 milioni di euro pro capite) ma la penalizzazione per chi inviava i soldi, invece, aveva un peso rilevante (si calcoli che, per un invio da 65 a 130 euro, il prezzo si aggirava sui 14 euro, più un cambio stabilito dall’operatore stesso, ad eccezione di condizioni speciali – non specificate – per alcuni Paesi).

  1. Rimesse, fondi di garanzia e microcredito: la necessità di aprire un dibattito tra tutti gli interessati.

Da quanto esposto finora, sembra abbastanza palese che la tassazione delle rimesse vada quanto meno rivisitata in una nuova chiave, poiché, finora, è stata fatta a discapito degli stessi risparmi e dei risparmiatori: si riduce la cifra che arriva al Paese di destinazione e, a conti fatti, senza che ciò abbia particolari ricadute sugli intermediari. D’altro canto, la tassa sulla rimessa non si trasforma in un qualche vantaggio per coloro che la pagano o le loro comunità.

La rimessa, d’altronde, come già accennato, è ormai diventata una fonte primaria del PIL, con un peso specifico molto importante, all’interno delle economie di molte nazioni di origine degli immigrati residenti in Italia (lavoratori dipendenti o imprenditori).

Per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, mantenere una cifra abbastanza costante da destinare alla rimessa sembrerebbe più fattibile che per un piccolo imprenditore, che deve comunque affrontare il rischio di impresa.

Facendo un passo indietro, i dati che riguardano l’imprenditorialità straniera in Italia, seguono in modo abbastanza lineare quelli della loro presenza in Italia: gli stranieri rappresentano circa il 10% della popolazione totale (quasi sei milioni) e un decimo delle imprese del nostro Paese sono a conduzione straniera. Spesso si tratta di realtà fragili e, in molti casi, sono aziende unipersonali (più del 60%, prima della pandemia).

In questo panorama, uno dei principali ostacoli che trovano gli immigrati per far nascere e crescere un’impresa in Italia sta nelle difficoltà nell’accesso ai finanziamenti. Ciò dipende da una doppia diffidenza: da una parte, le banche sono poco favorevoli a concedere credito a imprenditori stranieri, poiché hanno difficoltà a valutare bene la loro solvibilità; d’altro canto, gli stessi imprenditori stranieri hanno poco interesse a indebitarsi per investire e crescere e prediligono i canali di finanziamento “informali”, come possono essere i familiari e i conoscenti10.

Il microcredito diventa così un canale “privilegiato” per aiutare le imprese degli imprenditori stranieri o imprenditori italiani residenti all’estero, non solo a livello economico, ma pure in tutto un iter burocratico non particolarmente facile, già di per sé. Il canale del microcredito ovvierebbe così i due importanti ostacoli summenzionati: le resistenze delle banche di fronte alle non sufficienti garanzie e le ricadute sulle economie familiari/conoscenti, che, in qualche modo, sono costrette ad affrontare il summenzionato rischio di impresa.

Per affrontare tale rischio, in queste piccole realtà imprenditoriali, ci si può rifare al Fondo di Garanzia del Ministero dello Sviluppo Economico, che garantisce le Pmi e i professionisti considerati economicamente e finanziariamente sani, sulla base dei criteri di valutazione stabiliti dalle Disposizioni Operative11. Si parla perciò di imprese già esistenti o di professionisti già titolari di partita IVA, in entrambi i casi da non più di 5 anni, che devono rispettare alcuni criteri per quanto riguarda la composizione dell’impresa, il fatturato, ecc. Con i Fondi di Garanzia si cerca di affiancare le imprese e i professionisti che hanno difficoltà ad accedere al credito bancario perché non dispongono di sufficienti garanzie. La garanzia pubblica, in pratica, sostituisce le costose garanzie normalmente richieste per ottenere un finanziamento. La garanzia del Fondo è una agevolazione del Ministero dello Sviluppo Economico, finanziata anche con risorse europee, che può essere attivata solo a fronte di finanziamenti concessi da banche, società di leasing e altri intermediari finanziari. Il Fondo non interviene direttamente nel rapporto tra banca e cliente. Tassi di interesse, condizioni di rimborso, ecc., sono lasciati alla contrattazione tra le parti. Ma sulla parte garantita dal Fondo non possono essere acquisite garanzie reali, assicurative o bancarie12. Al 21 settembre 2021, erano stati superati i 200 miliardi di euro di finanziamenti garantiti richiesti al Fondo di garanzia con 2,5 milioni di domande effettuate13.

Possono, in questo quadro di cose, le rimesse contribuire ai Fondi di Garanzia?

Per quanto riguarda l’apporto che una percentuale delle rimesse potrebbe dare ai Fondi di Garanzia erogati dallo Stato (abbiamo già dati sull’ “esperimento” fatto nel 2019, riguardanti le cifre ottenute dalla tassazione delle stesse – 100 milioni di euro), sicuramente il contributo è minimo, e creerebbe, nuovamente, disparità di trattamento tra cittadini italiani residenti in Italia e cittadini italiani residenti all’estero (che ricevono rimesse dalla famiglia in Italia) o stranieri residenti nel nostro Paese.

Diversa, invece, potrebbe essere la valutazione se si prospettasse la creazione di Fondi di Garanzia ex rimesse, a supporto della creazione di nuove imprese da parte di italiani all’estero e stranieri in Italia, che accedano al microcredito. Loro stessi, nonché i loro circoli di parenti/conoscenti che finora hanno supportato economicamente le loro attività, potrebbero volontariamente decidere di apportare parte dei loro risparmi/rimesse, per garantire in modo più strutturato i propri affetti (e con maggiori sicurezze per le cifre apportate), nelle loro iniziative imprenditoriali. Il Fondo di Garanzia ex rimesse potrebbe in questo modo compiere la duplice funzione di garantire la microimprenditorialità (retroalimentandosi anche dalla stessa, mediante un piccolo contributo al Fondo sui guadagni dell’impresa) e così diventare una sorta di “fondo di risparmio” per coloro che decidessero di aderire allo stesso.

Sicuramente, la gestione delle risorse deve aiutare, come già fanno, le famiglie degli stranieri in Italia e le loro nazioni, ma può anche diventare un meccanismo di miglioramento delle condizioni di vita di chi risiede nel nostro territorio, creando lavoro, da una parte e favorendo il risparmio, per chi il lavoro già ce l’ha, dall’altra. Questo sistema, inoltre, potrebbe portare ad un incremento potenziale delle rimesse future, se si riesce a innescare il meccanismo virtuoso risparmio/rimessa- investimento.

NOTE

1 Dati estratti il 21 novembre 2021, 11h22 UTC (GMT) da I.Stat (http://stra-dati.istat.it/#).

2 Dati estratti il 21 novembre 2021, 16h04 UTC (GMT) da I.Stat (http://stra-dati.istat.it/#).

3 D.L. n. 34 del 19 maggio 2020, convertito in Legge 17 luglio 2020 n. 77 (GU Serie Generale n.128 del 19 maggio 2020 - Suppl. Ordinario n. 21).

4 Giampaolo Galli, Giorgio Musso e Francesco Tucci, Emersione del lavoro irregolare in Italia: la sanatoria del decreto Rilancio è stata efficace? in OCPI, 3 aprile 2021 (Università Cattolica del Sacro Cuore).

5 A quasi un anno del termine ultimo previsto dal D.L. Rilancio, le domande accolte si aggiravano ancora intorno alle 11 mila, vale a dire un 5% delle richieste presentate.

6 Alessandro Croce e Giacomo Oddo, Il saldo delle rimesse dell’Italia: alcuni appunti per una corretta lettura delle statistiche, in Metodi e fonti: approfondimenti (Banca d’Italia Eurosistema). https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/metodi-e-fonti-approfondimenti/metodi-fonti-2020/approfondimenti_STATEST_rimesse_20200402.pdf

7 All’incirca mezzo milione di italiani (Vid. Paragrafo 2).

8 Alessandro Croce e Giacomo Oddo, Il saldo delle rimesse dell’Italia: alcuni appunti per una corretta lettura delle statistiche, in Metodi e fonti: approfondimenti (Banca d’Italia Eurosistema). https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/metodi-e-fonti-approfondimenti/metodi-fonti-2020/approfondimenti_STATEST_rimesse_20200402.pdf

9 Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 247 del 23 ottobre 2018.

10 AA.VV. (a cura di), La mappa dell’imprenditoria immigrata in Italia. Dall’integrazione economica alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, Roma, 2016, p. 42.

11 https://www.fondidigaranzia.it/servizi-online-per-le-imprese/modelli-di-valutazione/

12 Sic: https://www.fondidigaranzia.it/conosci-il-fondo/

13 Queste cifre fanno riferimento a tutte le richieste pervenute, non solo quelle degli imprenditori stranieri.

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