VALUTAZIONI D’IMPATTO GLOBALE: LA MICROFINANZA COME NUOVA ASSET CLASS

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Mario Baccini | Presidente ENM

La microfinanza è una nuova classe di investimenti! Sicuramente, oggi, la microfinanza può essere annoverata, tra le possibili classi di investimenti, tra quelle caratterizzate da una maggiore responsabilità sociale, maggiore impatto sociale, e allo stesso tempo profittevole. E lo sono i suoi singoli componenti, ovvero i singoli prodotti che compongono il menù microfinanziario. La microfinanza, ed i singoli prodotti microfinanziari sono da tempo degli investimenti socialmente responsabili e di sano prodotto nei Paesi in via di sviluppo, nelle economie emergenti e in parte del mondo anglosassone.

Oggi lo stanno diventando anche nel nostro Paese. L’Italia ha, attraverso l’Ente che presiedo, dato un rilevante contributo alla definizione di un pacchetto integrato di microfinanza, avendo ingegnerizzato, anche in collaborazione con diversi organismi esteri europei prodotti quali la micro assicurazione, il microleasing, l’housing microfinance e dei prodotti di risparmio.

Da un osservatorio più ampio, può dirsi che il microcredito ha trovato la sua precisa e ben definita connotazione quale strumento di welfare innovativo. La microfinanza, e segnatamente il microcredito, quale investimento perché gli intermediari, bancari e non stanno facendo girare dei capitali che vengono investiti in micro-prestiti. Il grande valore dei modelli ingegnerizzati in Italia, deriva non tanto dai numeri, seppure importanti, che il microcredito sta generando. Ma da essere riusciti a creare un modello basato su una stretta e sostenibile collaborazione pubblico-privata, dove ciascuno degli attori opera a sostegno del migliore equilibrio tra sostenibilità finanziaria, sviluppo economico ed obiettivi sociali.

Un modello semplice, chiaro, funzionale e sostenibile, dove all’intermediario nanziario è chiesto di operare con una logica di business, dove i servizi ausiliari di assistenza tecnica e tutoraggio sono erogati per mezzo di professionisti che operano sulla base di precisi criteri tecnici ed etici e dove lo Stato monitora, vigila, crea e coordina le energie e si fa garante delle operazioni.

A ciascuno il suo, avrebbe detto Leonardo Sciascia. Dove ciascuna parte, nell’attuare la propria mission e nel perseguire i propri obiettivi, contribuisce al perseguimento della missione comune di creare degli strumenti finanziari inclusivi. Generando impatto sociale! Solo un meccanismo dove tutte le parti trovano la propria soddisfazione può essere un meccanismo che funziona in modo permanente. Senza iniezioni di denaro pubblico a fondo perduto. I tratti distintivi del microcredito: sono Fiducia (assenza di garanzie reali), Target di riferimento (diversamente bancabili), Tutoraggio. La misura pubblico-privata si costruisce su questi tre tratti ed è caratterizzata da inconfutabili indicatori: una banca oggi è valutata quale virtuosa se ha un livello di crediti deteriorati sotto il 10%. Il microcredito pubblico registra tassi di default dello zero virgola. Attenzione: nel credito tradizionale sono richieste garanzie reali.

Nel microcredito le garanzie reali sono vietate da norme primarie. Il delta è dovuto ai servizi ausiliari, che sono la migliore forma di garanzia. Per la banca, per il micro-imprenditore, per lo Stato, e per gli investitori. L’indirizzo dell’Ente è quello di ra orzare la capacità degli intermediari di microcredito. Per fare ciò occorre agire per migliorare la sostenibilità operativa e finanziaria; occorre lavorare per intercettare la domanda in maniera efficace.

Sostenibilità. Tra i principali fattori che ostacolano il raggiungimento della sostenibilità per gli operatori di microcredito si evidenziano i seguenti:

  • difficoltà a produrre economie di scala – e così ridurre i costi operativi – a causa di una domanda di microcredito quantitativamente ridotta;

  • difficoltà a offrire in modo e cace e continuato, contestualmente al finanziamento, una varietà di servizi non finanziari come i servizi di formazione, accompagnamento, monitoraggio e tutoraggio;

  • necessità di applicare tassi di interesse non eccessivamente onerosi per un tipo di clientela a ridotta capacità di debito. Conseguenza: rischio di non riuscire a coprire i costi operativi;

  • elevata rischiosità di alcuni tipologie di prestiti, come quelli concessi alle startup.

    Sul computo della sostenibilità si valuta anche la qualità operativa. La principale voce di spesa degli operatori di microcredito è rappresentata spesso dal costo del personale e dalla relativa formazione. Infatti:

  • l’operatore di microcredito deve avere una formazione professionale specifica;

  • per far sì che il servizio o erto risulti e cace ed e ciente, è necessario che le conoscenze si mantengano stabili all’interno dell’istituzione di microcredito.

    Gli indicatori utilizzati per valutare la qualità operativa sono:

  • Numero di microcrediti erogati;

  • Livello di produttività = numero di clienti attivi / numero di operatori impiegati;

  • Costo per cliente = spese operative / numero di clienti attivi;

  • Tasso di write-o = ammontare messo a perdita / portafoglio medio nel periodo.

    Capacità di intercettazione della domanda. Un errore molto frequente è quello di non analizzare a dovere i bisogni di un territorio o di una determinata categoria di clienti prima di avviare un progetto di microcredito; spesso si agisce replicando le modalità operative adottate in altri territori e contesti produttivi.

    Un modello di microcredito è grado di intercettare la domanda a un livello soddisfacente se:

  • riesce ad o rire crediti possibilmente sia alle imprese sia alle persone siche;

  • è operativo su tutto il territorio nazionale;

  • è capace di raggiungere le varie fasce che compongono il ventaglio di operatori di microcredito (presenza trasversale) o si specializza su beneficiari o settori specifici di intervento diventandone leader (presenza in profondità)

  • è in grado di raggiungere volumi considerevoli.

    In breve, in relazione alla capacità di intercettazione della domanda, occorre comprendere che da strumento per i non bancabili, oggi, anche in ragione della crisi che c’è stata negli ultimi 10 anni e che ha portato alla distruzione del ceto medio, il microcredito è uno strumento che si rivolge a persone in grave condizione economica e sociale (alla base della piramide) no a giovani neolaureati con lode nei politecnici, passando dai fuoriusciti dal mercato del lavoro, dai NEET, dagli ex detenuti ecc. Un ventaglio ampio composto di fasce ciascuna delle quali ha la propria speci cità e sulla quale occorre lavorare per essere intercettata.

    C’è poi il contesto esterno, se vogliamo che la microfinanza continui a crescere quale asset class per gli investitori, devono mutare alcuni fattori fondamentali del processo che regola l’interazione del soggetto con il mondo bancario. Tra essi primariamente si riscontrano il costo della burocrazia (in Italia è stato stimato in 100 mila euro per una piccola impresa); il peso del fisco (carico scale complessivo per le imprese italiane è pari al 64,8% dei prodotti commerciali); la capacità delle nostre amministrazioni di programmare e gestire i fondi europei destinati proprio allo sviluppo delle micro e piccole imprese. Non dimentichiamo che la Banca Mondiale nel suo rapporto annuale pone l’Italia al 45° posto nella classifica dei Paesi in cui è più facile avviare una attività d’impresa. Infine, due sono, a mio avviso, le s de a breve termine da intraprendere: affiancare al microcredito strumenti quali il micro-leasing, la microassicurazione, l’housing e il risparmio e creare nuove partnership pubblico-private per lavorare sui bond a impatto sociale.

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