LA CHIESA AL FIANCO DELLA SCIENZA, DELLA SOCIETÀ CIVILE E DEI PIÙ VULNERABILI: LA ROAD MAP DI PAPA LEONE XIV

Print Friendly, PDF & Email

La prima estate di un Papa è una estate di lavoro. “Vacanza-studio” sui generis, indotta dalla necessità, cogente, d’isolarsi e riflettere, per mettere mano alla propria magna carta: quella che prospetta e disegna organicamente il passo e il percorso di un intero pontificato.
Un conto alla rovescia che per Robert Francis Prevost è iniziato pubblicamente la sera stessa dell’elezione, prim’ancora di affacciarsi dalla loggia della Basilica e rivelarsi, Urbi et Orbi, alla città e al mondo, non appena il protodiacono, Dominique Mamberti, ne ha pronunciato il nome: che mai come in questo caso è tutto un programma e lascia sin d’ora intendere la centralità, continuità e carattere di novità, che i temi economici e finanziari occuperanno nel suo pensiero.
Nel secolo e mezzo tra i due “Leoni”, Tredicesimo e Quattordicesimo, si dilata un orizzonte di storia che dall’industrializzazione trionfante di fine ‘800 volge – o in certo senso si “capovolge” - verso una finanziarizzazione, straniante, dell’economia: contesti che covavano e covano ieri come oggi dentro di sé l’insidia collaterale, concorrenziale di un credo secolare, neopagano. Dunque di una sfida epocale nonché epica per la Chiesa.
Se la rivoluzione industriale apriva le porte alle stagioni otto e novecentesca delle ideologie, la tecno-finanza trova il suo mantra e la sua forma mentis, la sua sincronia e sintonia nell’era dell’intelligenza artificiale. Con una incognita e differenza significativa, però. Mentre il marxismo lanciava ex cathedra, frontalmente il suo manifesto in modalità ostile, con l’ambizione dichiarata e magisteriale di soppiantare la religione “oppio dei popoli”, l’AI agisce invece in maniera soft, subliminale. Insinuando la presenza-percezione di un dio immanente, non trascendente. Onnisciente, provvidente. Materializzato e personalizzato, a servizio dell’utente ma in grado, senza un manuale di orientamento e istruzioni per l’uso, di asservirsene.
Il marxismo in definitiva si proponeva un intento di redenzione, ritornando all’innocenza primitiva e liberando l’uomo dai condizionamenti e vincoli sovrastrutturali del capitalismo. L’intelligenza artificiale viceversa non guarda indietro bensì avanti, perseguendo uno scopo aggiuntivo, di completamento della creazione, con l’impiego e innesto di nuove potenzialità, non prive di ambiguità e suscettibili, paradossalmente, di approdare non tanto al superuomo quanto al superamento della sua umanità.
Nella scelta del nome, Leone XIV si mostra lucidamente, scientificamente consapevole, alla stregua del predecessore, del risvolto esistenziale antropologico e non solo lavoristico della sfida, per il successore di Pietro. Giacché, nel prologo del Millennio, similarmente all’epilogo dell’Ottocento, la questione sociale non investe soltanto i posti di lavoro, minacciati dalle macchine, ma il posto e il ruolo stesso, per non dire la sopravvivenza, della Chiesa nel mondo.
Di fronte al paesaggio e passaggio del suddetto mondo nuovo, che incede tra picchi tecnologici e abissi di barbarie, satelliti stratosferici e crateri bellici, Robert Prevost si pone in simbiosi con il suo remoto mentore, Agostino d’Ippona, quando avviò la stesura del De Civitate Dei. Figlio anche lui, quale pontefice americano, al pari dell’Agostino Civis Romanus, di un impero temporale al tramonto. Chiamato a scorgere per contrappasso e a descrivere, come una sentinella del mattino, l’alba e l’aurora della Città di Dio.
La Ippona di Prevost ha su tale sfondo, e in tale prospettiva, i tratti della peruviana Chiclayo, periferia estrema, meticcia e multietnica d’Occidente, tra l’oceano e le Ande, in cui la fotografia di un vescovo e futuro pontefice con gli stivali nel fango, nelle vie alluvionate, assurge a icona del XXI secolo: metafora di un pianeta in cui gli Stati e i sistemi economici non tengono più, travolti dal dilagare delle disuguaglianze montanti (l’1% della popolazione in Perù possiede il 30% della ricchezza nazionale), mentre l’area delle democrazie si restringe, fra siccità, migrazioni e fragilità delle istituzioni.
“La Chiesa non rimarrà in silenzio, continueremo ad alzare la nostra voce a fianco della scienza, della società civile, dei più vulnerabili, con verità e coerenza, finché giustizia non sarà fatta”. 1° luglio 2025, Sala Stampa della Santa Sede: a 10 anni da Laudato Sì tre figure apicali del collegio cardinalizio, il brasiliano Jaime Spengler di Porto Alegre, il congolese Fridolin Ambongo Besungu di Kinshasa e l’indiano Filipe Neri Ferrão di Goa, presidenti delle conferenze continentali dei vescovi latinoamericani, africani e asiatici, convocano i giornalisti e rendono noto un dirompente “messaggio della Chiesa cattolica del Sud del mondo”, nell’imminenza di COP 30, che si tiene a novembre a Belém in Amazzonia. Un battagliero proclama “per la giustizia climatica” e “la resistenza alle false soluzioni”, stigmatizzando come tali “capitalismo verde, mercificazione della natura, estrattivismo”. E chiedendo ai Paesi sviluppati di “pagare il loro debito ecologico”, convertirsi a una “felice sobrietà”, “porre fine ai combustibili fossili” (a Lima la coltre di gas serra intessendosi con la garúa, celebre nebbia di Vargas Llosa, impedisce addirittura di vedere il cielo).
Domenica 13 luglio: Castelgandolfo, parrocchia “pontificia” di San Tommaso da Villanova, religioso agostiniano che spedì oltreatlantico i missionari dell’Ordine, lungo la rotta che cinquecento anni dopo un suo confratello nato a Chicago, sulla riva del lago Michigan, avrebbe percorso a ritroso, per ritrovarsi sulla sponda del Tevere al timone del vascello petrino. Nell’omelia del Papa “yankee”, a commento della parabola del buon samaritano, la via che da Gerusalemme scende a Gerico diventa così “la strada di tanti popoli spogliati, derubati e saccheggiati, vittime di sistemi politici oppressivi, di un’economia che li costringe alla povertà, della guerra che uccide i loro sogni e le loro vite”.
Oltre che dall’enciclica Rerum Novarum a firma del lontano e omonimo predecessore Gioacchino Pecci, tredicesimo dei Leoni, la Dottrina Sociale del pontefice delle due Americhe e delle due “Chi”, di Chicago e di Chiclayo, prende le mosse da qui: dalla rilettura economicistica del racconto evangelico, delineata in Fratelli Tutti da Bergoglio e accompagnata step by step da Prevost nel succitato discorso, con una serie di segnali che orientano verso il futuro e si fanno messaggio istituzionale ad intra e ad extra, nei rapporti tra le nazioni e, all’interno degli Stati, nei confronti di “tante persone appesantite dalle difficoltà o ferite dalle circostanze della vita…di tutti coloro che scendono in basso fino a perdersi e toccare il fondo”.
Scenari drammatici ma ordinari, non episodici, dove la finanza, come Francesco spiegò all’Assemblea Pubblica di Confindustria, ospitata in udienza in Vaticano a settembre 2022, può tradire o può lenire: “…i denari di Giuda e quelli del buon samaritano convivono negli stessi mercati, nelle stesse borse valori, nelle stesse piazze. L’economia cresce, diventa umana, quando i denari dei samaritani diventano più numerosi di quelli di Giuda”.
Questione di vita o di morte. Di coscienza, ma pure di scienza. Spetterà conseguentemente a Leone trasferire la riflessione dallo start del sentimento (“La prima cosa è lo sguardo, si può vedere e passare oltre oppure sentire compassione”) all’iter del discernimento e spiegare che i due denari anticipati all’albergatore della parabola, primo esempio di microfinanza della storia, non sono a perdere, bensì a rendere, generando un effetto moltiplicatore d’inclusione, democratizzazione, stabilizzazione, allargamento delle basi dell’economia. Fornendo a quest’ultima, soprattutto, quell’ossigeno psicologico e sociale senza il quale non respira: la speranza.
Su tale fondamento, biblico ed economico, il Giubileo “della speranza” risale dal Nuovo al Vecchio Testamento sino alle origini, che lo videro sorgere quale anno della remissione del debito e importante occasione di giustizia distributiva, per calmierare le disuguaglianze della società. Esigenza che attualizzata e globalizzata ne fa odiernamente, sul piano internazionale, un simbolo e strumento di diplomazia preventiva. Esigenza, e contingenza storica, quanto mai congeniali all’avvento di un Pontifex che, di per sé, più che un “costruttore di ponti”, etimologicamente inteso, può essere considerato lui stesso un ponte, biograficamente disteso, tra il Nord e il Sud del mondo.

Print Friendly, PDF & Email
© 2019 Rivista Microfinanza. All Rights Reserved.